Negli ultimi tempi ha recitato in un film diretto dal debuttante Grant Singer e distribuito da Netlfix. Il film si intitola “Reptile” ed è un thrillerone che applica piuttosto bene le regole base del genere. L’attore in questione, invece, è Michael Pitt, classe 1981. In “Reptile” veste i panni di uno squilibrato con i capelli unti, che poi alla fine tanto squilibrato non è. Una prova di livello, non c’è che dire.
Michael, però, è ricordato soprattutto per tre magistrali interpretazioni risalenti ormai a qualche anno fa: quella offerta in “The Dreamers”, capolavoro di Bernardo Bertolucci del 2003 (tornato nelle sale in questi giorni in versione restaurata), quella di “Last Days” di Gus Van Sant del 2005 (nelle vesti di Kurt Cobain) e infine quella di “Funny Games” di Michael Haneke, il remake americano della pellicola austriaca girata dallo stesso regista. Se non avete mai visto questi film (ma non credo, conoscendovi), andate subito a recuperarli perché ne vale la pena.

Michael Pitt in “Funny Games” (2007)
Bene. Si dà il caso che il nostro Micheal Pitt sia anche un buon musicista. Tra un film e l’altro, infatti, l’attore si è dato da fare con la sua band chiamata Pagoda. Sì, Pagoda, come il tipico edificio sacro orientale. Nelle composizioni dell’attore/musicista, in effetti, qualcosa di sacro c’è. Fondata a Brooklyn con l’amico Ryan Donowho, batterista e anche lui attore (“Imaginary Heroes” e “Broken Flowers” su tutti, ma anche una partecipazione nella serie “The O.C.”), la band fece il suo esordio nel 2004 con un brano inserito nella colonna sonora del film di Asia Argento, “Ingannevole è il cuore sopra ogni cosa”. Colonna sonora che, per inciso, comprendeva anche alcuni brani dei Sonic Youth e altre canzoni firmate da Kim Gordon, Thurston Moore e Lee Ranaldo come solisti.
Nello stesso anno la band era stata a Milano per registrare alcune tracce con il produttore Luca Amendolara, il quale si innamorò a tal punto di quelle musiche da unirsi come bassista. Nel 2005 uscì il primo demo composto da cinque brani. Due di questi finirono nella colonna sonora di “Last Days”. Qui vi facciamo ascoltare la struggente Death To Birth, nella versione del film. Il brano è firmato da Micheal Pitt, ma qualche distratto lo scambiò per una canzone inedita di Kurt Cobain. Certo è che l’attore americano seppe cogliere l’essenza dell’artista scomparso con una precisione impressionante.
Tra i contenuti speciali del DVD di “Last Days” fu anche inserito un video di Happy Songs, un altro bel pezzo dei Pagoda con Michael Pitt truccato e abbigliato come l’antieroe di Seattle. Una piccola perla che potete vedere qui:
Il primo grande passo discografico arrivò però nel 2007 con l’uscita del debutto su lunga distanza. Il disco, intitolato semplicemente “Pagoda”, uscì per la Ecstatic Peace, l’etichetta di Thurston Moore, e comprendeva i brani già inseriti nel demo. Parliamo di dieci tracce dal fascino antico, che se fossero state pubblicate nella prima metà dei Novanta sarebbero tranquillamente finite tra i classici del grunge.
Il modello sono ancora una volta i Nirvana. Anzi, in più di un’occasione sembra di sentire proprio loro, complice soprattutto la bella voce di Pitt, rimasto forse intrappolato nel ruolo di “Last Days”. Ma si tratta dei Nirvana meno burrosi, meno radiofonici, per un disco che si sviluppa in un virtuale abbraccio tra i ritornelli abrasivi di “Bleach” e le atmosfere decadenti di “Unplugged in New York”. A qualcuno potrà anche dare fastidio, potrà bollarli come cloni. Ma potrebbe sbagliarsi di grosso: qui ci sono le canzoni, il piglio e soprattutto lo spirito giusto. Questo è un album che consiglio di procurarvi.
Il secondo e per il momento ultimo lavoro dei Pagoda fu pubblicato sei anni dopo, nel 2013. “Rebirth” segnò una svolta netta nel sound della band, mutata nel frattempo rispetto alla formazione originale, con una virata verso luoghi più oscuri e sinistri, psichedelia e art rock, nell’ampio spettro che va dai Velvet Underground ai Gomez. Evidenti anche i tentativi di commistione con la musica araba e una maggiore importanza data alla sezione d’archi. Un’opera meno immediata, ma dalla personalità più spiccata. Consigliata anche questa.
Da allora il marchio Pagoda, a quanto pare, non è più stato utilizzato. Ma Michael Pitt, personaggio da sempre tormentato e contraddittorio, non ha mai smesso di affidarsi alla musica per affrontare i propri demoni. Una delle sue ultime uscite come chitarrista e cantante è questa bella versione di Can’t Help Falling In Love.
Paolo

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.