Bruxelles, 27 maggio 2019

A pochi mesi dalla fine del tour per l’album solista “Boarding House Reach”, Jack White torna in Europa, questa volta in compagnia dei suoi Raconteurs, ovvero Brendan Benson, Jack Lawrence e Patrick Keeler. Di “Help Us Stranger”, terzo album della band in uscita il prossimo 21 giugno, abbiamo già avuto qualche sfizioso assaggino. E all’annuncio delle date europee della band, l’appetito è aumentato. Anche a questo giro, però, nessuna traccia di tappe italiane. La cosa mi stupisce poco e punto dritta alla data di Bruxelles, un po’ incuriosita dalla venue – il Cirque Royal, un po’ teatro, un po’ circo, un po’ eleganza, un po’ decadenza – un po’ perché i voli per le date più gettonate di Parigi e Berlino costavano decisamente troppo.

Ore 18.30: dopo un’oretta di attesa fuori dai cancelli, le porte del Circo si aprono. A darci il benvenuto troviamo dei cartelli che avvisano – nel caso in cui le email minatorie dei giorni precedenti non fossero state sufficientemente chiare – che stiamo per assistere a un Phone-free show. Già, perché per volere di Sua Altezza Reale Jack White, i suoi show dovranno essere “un’esperienza al 100% umana”: nessuna foto, nessun video, nessuna tecno-distrazione dal palco e dalla musica (a tal proposito potete leggere questo nostro approfondimento). Inizia quindi il severissimo e per fortuna rapidissimo sequestro degli smartphone (che vengono infilati dentro a una tasca con chiusura anti-taccheggio – un po’ come all’ingresso della Coop, insomma). Un vero e proprio rituale a cui i fan di Jack sono ormai ben addestrati.

Ore 18.31 (l’ho detto, è stato un sequestro lampo): benedico il mio braccino corto che mi ha portata a scegliere questa data. Il parterre del Circo è piccolissimo e – sicurezza, questa sconosciuta – non ci sono nemmeno le transenne a dividerci dal palco. Siamo tutti un po’ increduli nell’appoggiare i gomiti tra una spia e una pedaliera, e nel misurare la decina di centimetri che ci dividerà da Jack & Co.

Ore 20.00: aprono le Goat Girl e con loro passerà in scioltezza un’altra mezzora. Giovanissime, inglesissime, asciuttissime e asprissime, quasi quanto la Hoegaarden rosa aromatizzata al lampone che ho deciso di prendere per celebrare l’esplosione di estrogeni in corso sul palco. Di sicuro questo assaggio live mi ha incuriosita abbastanza per ripromettermi di tenerle d’occhio nel futuro.

Ore 20.30: il palco viene preso d’assalto dalla squadra di White e preparato a dovere per l’arrivo della band. Siamo come sempre catturati dalla minuziosità religiosa di Guitar Guy – ignoro il suo vero nome – incaricato di provare, accordare, riprovare di nuovo, posizionare con ordine maniacale tutte e 5 le chitarre di Sua Eminenza Jack White. In pole position brilla la Parsons Triple Jet dorata, che mi ipnotizza come una zanzara di fronte all’unico lampione acceso lungo il naviglio della Martesana.

Ore 21.00: le luci in sala si spengono, il palco si colora di tinte arancioni ed eccoli, uno alla volta, i Raccontori. Jack White entra scattante e carichissimo – lo si capisce all’istante – un boato gli dà il benvenuto e lui, per tutta risposta, inciampa disgraziatamente sulle sue chitarre che a effetto domino precipitano in terra (un minuto di silenzio interiore per i 45 minuti di lavoro di Guitar Guy).

L’intro di Consoler of the Lonely ci ripaga immediatamente di tutta l’attesa (11 anni non sono proprio pochi, eh) e ci scalda abbastanza per accogliere un pezzo inedito di “Help Us Stranger”. Bored and Razed è qualcosa che ancora non abbiamo sentito nei primi singoli del nuovo disco. Titolo a parte, nel pezzo nessuna traccia di noia, ma solo un gran riff che ti entra subito in testa. Seguono Level e Old Enough, che Benson inizia da solo, voce e chitarra acustica, per poi lasciare spazio a White e alla sua elettrica. I due sembrano sfidarsi a colpi di chitarra, quasi un duello dove però, alla fine, tutti vincono e nessuno perde. Tra White e Benson regna infatti un equilibrio onesto, divertito e divertente, e quando uno sembra prevalere sull’altro eccoli riunirsi sotto un unico microfono e fondersi nuovamente in una cosa sola. Quello che ormai è chiaro a tutti è che non siamo a un concerto dei “Raconteurs di Jack White”, ma a un concerto dei Raconteurs, punto. Anche l’accoppiata ritmica composta da Patrick Keeler alla batteria e l’occhialuto Jack Lawrence al basso funziona da dio e sembra (quasi) rubare la scena alle chitarre in pezzi come Top Yourself.

Jack White si sposta alle tastiere per un altro pezzo inedito, l’unico della serata che lo vedrà nelle vesti di pianista, Shine the Light on Me. Dall’ascolto vergine dei brani nuovi si passa a Hands e Broken Boy Soldier, che ci rispediscono di prepotenza indietro al 2006. Ma come il soldatino della title-track del disco di debutto, così anche i Raconteurs sembrano non invecchiare mai (chiudiamo un occhio sui cm in più del giro vita di Jack White), divertendosi sul palco come dei ragazzini.

Dopo la ballatona Many Shades of Black (per dio, gente, dimenticatevi della versione cantata da Adele), che i Racs suonano per la prima volta in questo tour, si chiude la prima parte del live con Sunday Driver, singolo che avevamo imparato ad amare fin dal primo ascolto e che con il suo tiro pazzesco prende letteralmente a schiaffi tutto il Cirque Royal, candidandosi a diventare probabilmente il migliore pezzo di “Help Us Stranger”.

I Cantastorie tirano il fiato per qualche minuto e tornano sul palco per un encore paz-ze-sco. In Hey Gyp (Dig the Slowness), cover di Donovan, sembra di correre in autostrada con un vespino 50 a 160 km/h senza casco. Ma è su Salute Your Solution, dopo un’ora abbondante di concerto, che mi rendo conto improvvisamente che l’educatissimo pubblico di Bruxelles è vivo e presente, e che anche i belgi hanno dei bei gomiti da piantarti nella schiena. Jack si dà una pettinatina ai capelli e noi siamo pronti a riprendere conoscenza con l’inedita Only Child.

Now That You’re Gone, con Benson al microfono, ci distrugge emotivamente. Help Me Stranger, uscita da pochi giorni, è già cantata a memoria da tutti. C’è aria di chiusura, e appena i due compari mettono mano alle chitarre, quella sensazione diventa realtà. Sei minuti di una tesissima e ansiogena Carolina Drama chiude lo show, così avvolgente e coinvolgente che vorremmo davvero trovare l’omino del latte per chiedergli cosa cavolo sia successo in quella maledetta baracca del South Carolina.

Il Cirque Royal, così come molto lentamente si era riempito, altrettanto lentamente si svuota. Siamo tutti consapevoli di aver assistito a uno show che resterà nella (lo dico? Lo dico) top 3 dei migliori mai visti, e facciamo un po’ fatica a lasciarci quel palco alle spalle. All’uscita (ah già, il telefono!) ci aspettano dei grandi magneti pronti a restituirci la schiavitù da spunte blu di whatsapp.

Nel tentativo di tenere a bada la malinconia da fine concerto, come i peggiori fan di Bruce Springsteen decido di andare ad aspettare la band sul retro insieme agli altri trasfertisti. Il tour manager mette subito le cose in chiaro e ci regala l’ultimo divieto della serata: no autografi. E noi, diligentemente, ubbidiremo. I Racs arrivano, ci sorridono, noi sorridiamo a loro, ci salutano, noi li salutiamo, ci ringraziano, noi li ringraziamo.

Il post show blues ora è davvero inevitabile. Un groppo in gola che, se va bene, si scioglierà un pochino con l’uscita dell’album il 21 giugno. Ma che, se va male, non ci darà tregua fino al prossimo volo low cost senza priorità di imbarco, né bagaglio a mano.

Alice

 

SETLIST:

Consoler of the Lonely
Bored and Razed
Level
Old Enough
Somedays (I Don’t Feel Like Trying)
Top Yourself
Shine the Light on Me
Hands
Broken Boy Soldier
Live a Lie
Many Shades of Black
Sunday Driver

Encore:
Hey Gyp (Dig the Slowness) (Donovan cover)
Salute Your Solution
Only Child
Now That You’re Gone
Help Me Stranger
Carolina Drama