Quando a ottobre dello scorso anno Jack White uscì a sorpresa con il singolo Taking Me Back come colonna sonora del videogioco “Call of Duty”, non furono in pochi a rimanere straniati dalla nuova direzione intrapresa dall’ex White Stripes. Successivamente il chitarrista di Detroit meravigliò i fan con l’annuncio di una doppia pubblicazione prevista nel 2022: “Entering Heaven Alive” (che in base al primo assaggio, Love Is Selfish, dovrebbe essere più dedito alla tradizione), in uscita il 22 luglio, e appunto questo nuovissimo “Fear Of The Dawn”.

Ostico a un primo ascolto, soprattutto a causa di un sound che in quanto a fuzz manco i Mudhoney di “Superfuzz Bigmuff”, questo quarto album solista segna in realtà un rientro in carreggiata per l’artista statunitense. Se l’Americana più classica già esplorata nel magnifico esordio “Blunderbuss” sarà con ogni probabilità ripresa nel disco che uscirà questa estate, in “Fear of the Dawn” White porta a compimento il lavoro di ricerca già iniziato con il caotico “Lazaretto” e proseguito con il francamente troppo esagerato “Boarding House Reach”.

Le dodici tracce che compongono questa nuova opera, invece, non sbagliano un riff che sia uno, né una melodia. Una volta abituatisi al suono estremo della chitarra, l’ascolto diventa quindi tutto in discesa e godurioso come quello di pochi altri dischi rock in questo millennio. Da segnalare lo stoner esplosivo della title track, il crossover fra un canto muezzin, il rap dell’ospite Q-Tip e il rock muscoloso di Hi-De-Ho, la sperimentazione con tanto di inizio in dub clashiano di Eosophobia, che diventa improvvisazione rock-jazz nel reprise, e l’anthem a dir poco esaltante di That Was Then, This Is Now.

In questo disco non c’è un pezzo fuori posto. Bravo Jack, se a luglio salti fuori con qualcosa di questo stesso livello, è facile che tu venga ricordato in futuro come il miglior rocker del 2022.

Andrea Manenti

 

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