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Daddy’s Home” è il ritorno al mercato discografico dopo quattro anni d’assenza per una delle più grandi trasformiste del rock di questo millennio. Questa volta Annie Erin Clark, per tutti St.Vincent, cogliendo come scusa ispiratrice il rilascio in libertà del padre dopo dieci anni di prigionia, come se volesse fargli rivivere l’ormai persa gioventù, decide di vestire i panni della rockstar anni Settanta, panni che poco ma sicuro le donano.

Utilizzando la perfetta strumentazione del decennio di riferimento, fra chitarre, basso, batteria, tastiere, fiati, cori e addirittura il sitar in qualche brano, la scaletta scorre liscia trasportandoci forzatamente all’interno di una dimensione che molti di noi appassionati di musica avremmo voluto vivere in prima persona.

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Il punto di forza dell’album viene espresso appieno all’interno dei due singoli Pay Your Way in Pain e Down. Giocando a far finta di essere veramente nei Seventies, i due brani rubano infatti il funky-soul del Bowie periodo “Young Americans”, mescolandolo all’irresistibile mood urbano del Curtis Mayfield di “Super Fly” e riuscendo così in qualche modo ad anticipare il migliore e più sexy Prince: due bombe atomiche.

Il resto di “Daddy’s Home” è invece maggiormente legato alla forma ballad, esplorata nelle sue più varie possibilità di esecuzione, dal soul sensuale di Down and Out Downtown all’ubriachezza della title track, dalla cinematografica Live in the Dream al pop acustico vagamente Fleetwood Mac di Somebody Like Me, dall’emozionante crescendo di My Baby Wants a Baby alla conclusiva romanticheria di Candy Darling. Artista che ha fatto del cambiamento il suo marchio di fabbrica, anche questa volta St. Vincent stupisce e convince.

Andrea Manenti

Photo Credit: Zackery Michael