“The Knick” è una delle serie più interessanti in circolazione. A dir poco originale, a tratti macabra, decisamente splatter. Come già sapete racconta le prodezze e le tenebre del Dott. Thackery, chirurgo geniale ed impulsivo, diamante del Knickerbocker Hospital, nella New York di fine 1800. Ispirato William Stewart Halsted, celebre chirurgo a cui si devono i primi interventi in asepsi e numerose altre scoperte, tossicodipendente da cocaina e, successivamente, da eroina.
Proprio su questo aspetto si incentrerà la storia del personaggio di Clive Owen nella seconda serie, dando maggior respiro alle vicende di Suor Harriet (soprattutto legali per l’attività di aborti clandestini), del Dr. Edwards, di Lucy e della famiglia Robertson. Una seconda stagione che inizia alla grande, claustrofobica e che risolve magistralmente il problema di come far ritornare in scena Thackery, obbligato dai propri colleghi alla disintossicazione, in una clinica, dove la corruzione si nasconde nei sotterranei e nell’oscurità della notte. Una corruzione che è ovunque, dietro le quinte del Knick, nei silenzi e nei segreti familiari, tra padri e figli, mariti e mogli, negli amministratori della società, nell’amore. Nessuno è libero dal peccato. Una società da cui scappare, dove è stato gettato il seme dell’eugenetica e delle prime idee che ispirarono il nazismo, dove le donne non possono essere medici, solo infermiere.
Questi dieci nuovi episodi sono perfetti sotto il profilo formale, dove la regia di Soderbergh è accuratissima, magnifica e immaginifica, e dove le scenografie sono spettacolari, sempre più perfette, dettagliate. Le ambientazioni sul set bellissime e vagamente inquietanti di Regina Graves, hanno riprodotto alla perfezione la New York (bellissimo l’Haymarket) di fine ‘800 curando i dettagli al massimo (dall’impianto elettrico dell’ospedale, ad una speciale camera a mano che Soderbergh ha usato per girare meglio le atmosfere oscure degli interni) e spaziando anche per altre sedi, ricostruendo la Chinatown di San Francisco e un’ipotetica foresta tropicale.
Il difetto principale della seconda stagione è la trama, che se nei primi episodi è spudoratezza e una splendida e po’ folle libertà narrativa, dal settimo episodio è volta allo stupore e alla voglia di impressionare uno spettatore debole di stomaco, con prodezze medico-chirurgiche che diventano progressivamente inverosimili e a dir poco assurde, fino a un finale aperto e a tratti ridicolo (ma non voglio spoilerare). Peccato, anche perché i richiami all’ipnosi e all’universo del galoppante avvento della psicoanalisi e la svolta sottilmente femminista della trama sono molto interessanti.
Complessivamente, però, tra pregi e difetti, “The Knick” resta un gioiello oscuro e splendente, più che una serie un lunghissimo entusiasmante film. Cinemax sta contrattando per una terza serie. Ci spero, ho grandi aspettative.
Il Demente Colombo