Easy è una serie originale Netflix del 2016 scritta, prodotta e diretta da Joe Swanberg. Se questo nome dovesse suonarvi familiare è perchè è quello di uno dei padri del mumblecore: nuovo stile cinematografico tipico della scena indie. Caratterizzato da una produzione low budget e interpretazione per lo più improvvisata dagli attori punta a portare portare in luce una rappresentazione più autentica possibile (Se lo avete perso Drinikng Buddies dello stesso Swanberg è un manifesto di questo stile).
La serie è composta di otto episodi per lo più di tipo antologico ed autoconclusivi ad eccezione degli ultimi due che dimostrano come siano tutti parte di un unico universo narrativo o forse sarebbe meglio parlare di città: Chicago. Easy di fatto va a completare un panorama contemporaneo sulle relazioni di Netflix. La New York di Aziz Ansari ed il suo Master Of None, la Los Angeles di Love di Judd Apatow e, appunto, la Chicago di Swanberg.
A differenza delle altre due serie però Easy non ha dei veri e propri protagonisti. La sceneggiatura presenta diversi personaggi nei primi 6 episodi quasi tutti interpretati da volti più o meno noti. Dave Franco, Orlando Bloom, Jake Johnson (il Nick Miller di New Girl), Emily Ratajkowski in versione bionda e tanti altri.
La sceneggiatura si spinge ad esplorare le relazioni più disparate nei loro aspetti più intimi. Coppie che non riescono a tenere acceso il fuoco della passione, storie che nascono e che finiscono con tutto quello che trascinano con sé, figli in arrivo tanto desiderati quanto inaspettati, vecchi amanti per cui forse è troppo tardi per pensare ad un bambino e genitori che cercano di ravvivare il rapporto con nuovi giochi erotici.
Una delle particolarità di questo show è senz’altro la rappresentazione di un erotismo senza ipocrisie ma come parte fondamentale del rapporto di coppia Sono molte le scene di sesso portate sullo schermo da Swanberg ma sempre con quel tocco di autenticità che è la sua firma stilistica. Questo aspetto ha portato a critiche verso il lavoro del regista ma bisognerebbe anche valutare quanto possa di fatto essere ipocrita la rappresentazione dell’amore senza il sesso. In fondo, come lascia intuire il titolo, certe cose dovrebbero essere “easy” e per quanto una relazione possa essere complicata momenti di intimità in cui non si pensa ad altro che al qui ed ora ne sono parte integrante addirittura diventando momenti di catarsi (come accade in un paio di episodi).

Lo stile narrativo, la spontaneità della recitazione ed una scrittura così trasversale sul piano delle relazioni fanno di Easy una serie davvero interessante e, come spesso accade per le produzioni Netflix, una colonna sonora ben curata risulta un altro grosso punto a favore del lavoro di Swanberg.

Simone Casarola (@simocasarola)