Banshee, che dalle mie rudimentali, scarse e poco coltivate nozioni mitologiche, ricordo essere una dea appartenente alla cultura celtica, che popolava le colline, i fiumi, le paludi irlandesi. Wikipedia poi ha confermato questa mia reminiscenza, oppure prima sono andato a controllare su Wikipedia e poi ho finto di essere una persona colta. Non ricordo bene adesso.
Banshee da il titolo all’ultimo album del “supergruppo” The Cave Singersthe-cave-singers-banshee, formato dalle ceneri di differenti gruppi (Pretty Girls Make Graves, The Blood Brothers) nel lontano 2007 ed arrivato adesso alla quinta pubblicazione, slegata da case o etichette discografiche: infatti Banshee è stato promosso attraverso una campagna di crowdfunding. Questo può significare molto, ma sicuramente la scelta di allontanarsi dalla qualità pre-confezionata che può portare una label, l’autoproduzione ti permette di fare esattamente quello che pensi sia giusto fare. Senza forzature. I Cave Singers scrivono quest’album ricercando un suono più folk e meno indie, dai precedenti: profondamente costruito su questa idea di arrangiamenti che si sviluppano attorno ad una atmosfera di libertà, forse dovuta al tipo di esperienza che i componenti del gruppo vogliono ricreare, musicisti con più di una decina di anni presenza all’interno del mondo indie. I titoli delle canzoni rivendicano chiaramente questa immagine, dove Lost in the Tide e The Swimmer sono legati da questa formula chimica che ti porta ad immaginare ruscelli nei boschi, che scorrono silenziosamente; Fade Away e Light in the House invece le associo ai colori ed alle luci che mi colpiscono quando immagino paesaggi celtici, con sfumature di rosso dei tramonti e dei boschi verdeggianti. Il tutto chiaramente si ricollega alla dea Banshee. Strip Mine è superlativa, decisamente la canzone top dell’album.

Federico Trevisani

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