All’interno di questo ultimo lavoro di Steve Mason, ritorna all’utilizzo degli strumenti veri, chitarra e tastiere in particolare, portandoci all’interno delle sue atmosfere attraverso l’ascolto di queste 11 canzoni suonate con il cuore, appunto con la prevalenza di questi due strumenti che trasmettono l’anima di un compositore. Lasciamo l’elettronica ai suoi due precedenti album da solista, che in parte seguono la stessa linea, ma “Meet the Humans” stacca per qualità delle composizioni. I precedenti “Boys Outside” e “Monkey Minds in the Devil’s Time” sono troppo contaminati da suoni elettronici e intermezzi computerizzati.
“Meet the Humans” potrebbe essere definito come un concept album, perché il susseguirsi delle tracce è dato da un incatenamento dei testi e dei significati: in tutti vige un’atmosfera drammatica e malinconica, la voce è triste: le melodie portano immagini di fuga dalla realtà (Run Away), alla prolungata attesa e speranza di un giorno migliore (Another day), alla rinascita dopo un periodo buio (Alive e Alright), all’osservare inermi lo scenario deplorevole che l’umanità ci presenta tutti i giorni (Trough my Window, la più struggente) fino all’incapacità di gridare la propria rabbia (Words in my Head). Steve Mason riesce a riportare attraverso la musica, tutta la sua frustrazione, rabbia e solitudine con le quali ha convissuto durante gli anni della sua depressione, che non ha mai nascosto. E per chi conosce la sua storia, queste canzoni parlano per lui.
Con la The Beta Band, ha lasciato il segno nell’elettro pop ma lo scioglimento della banda lo ha portato ad emergere como songwriter: ha dovuto “conoscere l’umanità” e questo incontro, lo racconta in undici tracce dove si scopre la vera natura dell’uomo. E direi che io mi schiero dalla sua parte, perché l’umanità ha raggiunto livelli di degrado che nemmeno secoli fa erano così bassi e nel frattempo mi ascolto questo buon album, che non mi fa sentire solo.
Federico Trevisani
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.