Quartetto inglese capitanato dal californiano Robin Proper-Sheppard nato ventun anni or sono dalle ceneri dei God Machine arriva quest’anno alle soglie dell’ottavo album con questo “As We Make Our Way Unknown Harbours”, lavoro all’insegna del pop più ricercato.
Le dieci tracce qui proposte portano l’ascoltatore attraverso una sorta di viaggio navale nel quale momenti di esaltazione si alternano ad altri più di routine e quindi maggiormente avvezzi alla noia.
Dopo un inizio che porta a pensare in grande (ma veramente molto in grande) grazie alla doppietta di apertura formata da “Unknown Harbours”, suite pianistica che mi ha trasportato fino all’incipit del doppio capolavoro del novantacinque degli Smashing Pumpkins “Mellon Collie and the Infinite Sadness”, e da “Resisting”, intro distorto che manco i My Bloody Valentine seguito da un’ottima pop song dal sapore epico, il resto del disco scorre su binari più dritti e che quindi creano meno (belle) sorprese.
Molte ballate (notevoli “The Drifter” e “Baby, Hold On” meno le altre), una versione marinaresco moderna dei canti pirateschi (“St. Tropez / The Hustle”), rimandi a band che hanno fatto scuola in un certo tipo di pop rock (Biffy Clyro e Placebo su tutte) ed una “It’s Easy to Be Lonely” che parte in sordina per poi esplodere nel finale quasi orchestrale fanno di questa ultima fatica della band britannica una prova più che riuscita.
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.