Esordio ambizioso riuscito a metà per i Senhal, trio pugliese di belle speranze attivo nell’ambiente da solamente un biennio. Le ambizioni di cui sopra hanno infatti una doppia matrice: la prima, squisitamente musicale e fra le due la più riuscita, mira a combinare un certo tipo di cantautorato italico (legato soprattutto al Battiato più pop) con un vestito sonoro fatto di suoni delicati che il più delle volte dirottano in una direzione ruvida e contemporaneamente elettronica (notevoli la maggior parte dei finali “a cavalcata”); la seconda invece, quella meno riuscita (ma, c’è da dire, basata su un’idea non troppo semplice), riguarda la dimensione lirica: i testi dovrebbero infatti essere legati fra loro attraverso uno sguardo panoramico d’insieme, che comporta un certo distacco, ma che allo stesso tempo regala un coinvolgimento visivo intenso e totale sul mondo visualizzato…più facile a dirsi che a farsi!
I punti forti di questo album si ritrovano sicuramente nei momenti meno intellettualoidi e più leggeri, a tratti ballabili, come in “Duemila” e soprattutto in “Bianco”. Menzione d’onore per la felice conclusione affidata a “Nonluogo”: poche efficaci parole – molte e belle intuizioni musicali.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.