Creare un disco non immediato non significa che rimarrà impenetrabile o non sarà godibile. A conti fatti, è ciò che si potrebbe dire di “Sveglio Fantasma”, il terzo disco in studio dei Piccoli Animali Senza Espressione, ovvero Andrea Fusario (già Virginiana Miller), Edoardo Bacchelli (voce), Filippo Trombi (chitarre e cori) e Annalisa Boccardi (testi).

In primo piano spicca il volto elettronico del loro progetto, che si mischia a scelte stilistiche più audaci, l’eco di paesaggi lontani è solamente uno dei punti di arrivo di questo viaggio in undici tracce. Si tratta di un compromesso tra una semplicità solo apparente che sottende, invece, uno spettro di colori decisamente più ampio. Tutte quelle sfumature malinconiche (Vicolo d’oro), che si aprono poi (Lupa) fino a oltrepassare determinati confini già solcati (Luminoso), servono a rimarcare l’inquadramento generale di questo disco. È a suo modo trascinante (La teoria delle siringhe), nonostante inserimenti curiosi quali le campane che si possono udire in Luminoso, altra piacevole incursione nelle terre lontane.

Il punto e la linea segna il momento ritmato, quasi indispensabile per ricreare quell’equilibrio presupposto dopo le tracce più ermetiche, ugualmente valide. Luce astrale è la strumentale d’obbligo che in “Sveglio Fantasma” non poteva mancare, la sintesi perfetta di un progetto dichiaratamente ambizioso che non tradisce le sue intenzioni e in cui il pianoforte arriva solamente alla fine (Tracce separate).

Tutta la narrazione di itinerari, reali o fittizi che siano, attraverso il tempo e lo spazio (In cammino, La mia parte lagunare) è impreziosita dall’accuratezza dei testi, in un lavoro che non è per chiunque, dall’attenzione per gli arrangiamenti alle melodie in costante divenire.

I Piccoli Animali Senza Espressione ricercano la bellezza nelle profondità in una produzione attenta. Dal precedente “This Incanto” (2012), la maturazione può dirsi completa per la creatura di Andrea Fusario, che si misura con un lavoro ben stratificato e che qui si presenta nella sua veste migliore, senza che per forza sia quella in cui cristallizzarsi.

Caterina Gritti