Dopo la breve e intensa avventura di reunion con gli Scisma e a tre anni di distanza dall’ultimo lavoro solista, Paolo Benvegnù torna a farsi vivo con il terzo e ultimo album della cosiddetta trilogia dell’H (“Hermann” del 2011, “Earth Hotel” del 2014 ed appunto quest’ultimo “H3+”). Trame acustiche ed archi per la partenza cupa di “Victor Neuer” portano subito “alla deriva”, in un mondo altro, fra infinitamente piccolo e infinitamente grande, mentre il terreno elettronico di “Macchine” svela un forte amore per la new wave, già professato forse più ampiamente durante gli anni Novanta.
Da qui in poi l’ascolto si fa più semplice, diretto, (pop) rock, pur non lesinando mai in ragionamenti profondi e ricerca musicale. “Good Bye Planet Earth”, omaggio a quel Duca Bianco sempre con lo sguardo ben dritto verso il cielo, sembra trasportare in altre, eteree dimensioni, mentre “Olovisione in parte terza” parla ancora di esplorazione del cosmo, ma questa volta il cosmo è quello sentimentale, dell’amore e delle emozioni. In “Se questo sono io” c’è una gradita riscoperta dei migliori sixties italiani, universo musicale già esplorato ultimamente con gran classe dal Dell’Era solista; “Quattrocentoquattromila” viaggia fra Enrico Ruggeri e i Subsonica, ma gode di un originalissimo ritornello orchestrale; “Boxes” è una forte dichiarazione d’identità in cadenza quasi marziale.
La riduzione delle particolarità in solo elemento, la luce, è il tema di “Slow Parsec Slow” e del suo tappeto di pianoforte che sfocia in sinfonia di fiati. Il locus amoenus di un bar celeste viene creato in “Astrobar Sinatra” e “No Drinks No Food”, brano acustico di rara bellezza e professionalità cantautorale, chiude il disco con una bellissima melodia che riporta alla mente il miglior De Gregori.
Andrea Manenti
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Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.