Ottavia Brown è il nome d’arte di Ottavia Bruno, cantautrice e illustratrice bresciana, ispirato ai nomi americanizzati degli artisti italiani squattrinati che approdavano nella tanto sognata America agli inizi del ‘900 per realizzare sogni e speranze. Ottavia Brown riprende lo stile del secolo passato fra Italia ed estero in questo suo primo album in madrelingua formato da dieci episodi che la rendono al momento una nuova (se non migliore) Nina Zilli. Si inizia con l’apripista “In una notte”, blues sghembo che riporta alla mente una band indie quale i Sakee Sed e che lascia poi spazio a riverberi e ritornelli dediti alla tradizione della canzone (quella con la C maiuscola) italiana, per continuare poi con la dichiarazione d’intenti della successiva traccia che recita “Donna d’altri tempi che farai?”: la risposta è una e semplice…musica anni Cinquanta con la grinta del Duemila! Fiati bandistici e ritmi latini colorano la title track, mentre “Abbassa la tua radio” è ironia d’archi in metamorfosi jazzistica. Un basso rock e quasi moderno apre alle distorsioni e ai ritmi in levare di “Il mio cuore va e lo perderò”, “Ero una rosa” è il punto esatto in cui Conte diventa Giovanardi, “Solo per andare” stupisce positivamente per il suo riff quasi ramonesiano, “Non pensare mai alla morte” filtra i Blues Brothers con il nostro urlatore Celentano facendoli fuoriuscire in un atto di potenza degno di un Manuel Agnelli e “L’ultima volta” gode di una bella melodia fra Giuradei ed Onorato, il tutto arrangiato con un gusto alla Gino Paoli dei tempi migliori. La conclusiva “Il cacciatore” infine chiude in un’atmosfera alla Nick Cave un lavoro variegato e dal grandissimo potenziale.
Da ascoltare!
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.