Ecco quì i 4 dischi autunnali più freschi di qualunque frigorifero.
The Diabolical Liberties – Jungles Of Enceladus
L’etichetta On The Corner, affollata da talenti come Penya e i Dengue Dengue Dengue, sforna pillole ruvide dal gusto acido. È il caso di un altro progetto molto interessante che proviene da Londra: The Diabolical Liberties. Il duo, composto dai produttori MC General Rubbish e Alex Patchwork, condiscono la musica elettronica attraverso la voce, le macchine e gli strumenti acustici. Dentro questo primo dubplate troviamo tre brani orientati verso la jungle più sporca, con echi di Drum & bass vecchia scuola alla Goldie: i ritmi viaggiano quindi molto veloci, infuocano la dance hall tramite melodie arabesche e canti ancestrali. Il loro scopo è chiaro e coinciso, ovvero quello di “decapitare la cultura pop postmoderna, tritarla con le loro menti e presentarla nei decenni successivi rattoppata in un pastiche di idee”. Una coppia di artisti che viaggia in un’altra dimensione, più precisamente all’ estremità astratta del sistema solare: non ci resta che aspettare la loro prossima emissione.
CIRRI – Vladmir Korea
I Cirri sono quelle nuvole che si presentano sotto forma di filamenti e chiazze biancastre nel cielo, quando un temporale è appena finito. La natura sintetizza il mood ben definito di questi ragazzi: nato nel 2017 da tre ex membri dei Viola & Mescalina, il gruppo brianzolo esordisce con un primo album trasparente, fluido ed emozionante. Bastano pochi elementi per creare suggestioni che si alternano tra mantra indiani e musica d’autore, chitarre acustiche e voci morbide. I ritmi, i testi e le melodie conducono in foreste inesplorate, al di fuori di una società del consumo troppo impegnata a valorizzare immagini prive di un significato profondo. CIRRI sono una delle realtà italiane più spontanee, originali e distanti ma al contempo vicinissimi da quella che si può definire la scena pop indipendente della penisola. Ascoltare per credere.
Joe Armon-Jones – Turn To Clear View
Il ragazzo in questione è un vero fenomeno. Tastierista, produttore e mente iper-produttiva, Joe Armon-Jones dà l’ennesima conferma di essere uno dei punti di riferimento della nuova scena di jazz londinese. Il 26enne fondatore degli Ezra Collective esce con un secondo album che segue la scia spontanea del primo “Starting Today”. Con quest’ultimo, “Turn To Clear View”, i brani vengono sciolti dentro la nebbia, i musicisti suonano nel fumo di una Londra grigia di periferia. Tra chiare influenze dub e P-funk, varie sono le collaborazioni provenienti dalla scena musicale più bella e varia d’Europa: Oscar Jerome, Nubya Garcia e Moses Boyd solo alcuni di questi. Joe, invece, infuoca la tastiera con soli virtuosistici ma mai noiosi, che si perdono all’interno di arrangiamenti di fiati ben assestati. Non si tratta di un semplice disco di jazz: ogni dettaglio, suono ed effetto viene trattato con la massima cura, e contemporaneamente puoi avvertire questo casco di fuliggine e sporcizia che avvolge il suono degli strumenti. Lavoro interessantissimo, nel quale si inspira la brezza frizzantina della sempre più sofisticata capitale britannica.
Robert Glasper – Fuck Yo Feelings
A questo giro, il pianista fuori classe formatosi a New York ritorna con un progetto solista, dopo l’esperienza con i R+R= Now. Si tratta di un mixtape alla vecchia maniera: 19 tracce collegate tra di loro. Si respira un hip hop maturo al massimo della sua forma, evolutosi da anni e anni di cambiamenti ed influenze. Ebbene si, la doppia H esiste ancora ed il livello di questi ragazzi ora come ora è altissimo. Oltre a proseguire la visione geniale sulla pulsazione in avanti del maestro J- Dilla, quello che ne esce fuori è semplicemente black music, nulla può essere messo all’interno di schemi precisi. La mentalità è quella di creare una musica completa che trasmetta la sapienza dei maestri del passato,ma che allo stesso tempo rifletta la società di oggi. Un ritratto preciso del presente. Possiamo affermare che Glasper oggi è uno dei capobandiera: sì, perché avere Herbie Hancock e Mick Jenkins nello stesso disco vuol dire che il lavoro svoltosi non è solo tante note in fila, bensì un’unione generazionale storica e imprescindibile. “Fuck Yo Feelings” ne è l’ennesima conferma.
