Vi presentiamo “Be The Cowboy” di Mitski, cantautrice statunitense di origini giapponesi, 27 anni e una personalità artistica antitetica. Una vena gradevolmente acerba, propria di quel piglio di chi, in giovane età, è scisso fra sentimentalismo romanzesco e disperazione da melodramma.
Ora che il nuovo disco si è ricongiunto con “Puberty 2” del 2016, le tracce fulminee e dall’evoluzione sinfonica inaspettata mantengono quelle successioni di accordi di chitarra sfacciati e carichi di disillusione.
Un terreno ancora percorribile, come notiamo in Old Friend e forse ancor più in Geyser e Lonesome Love, che tuttavia non sancisce la fine del viaggio di Mitski Miyawaki. Dopo aver sondato una superficie più stabile e aver accantonato un po’ di quella vecchia cara imprudenza, la cantautrice mostra un orizzonte di consapevolezza. Un ancora incerto cambiamento di rotta, che trova un limpido scorcio in Pink In The Night e in A Horse Named Cold Air, ma che si arresta ancora una volta in Blue Light, dove ritroviamo quella sofferenza che sembra non voler dar tregua all’artista.
Mentre ci domandiamo quale potrebbe essere la prossima mossa di Mitski, non ci resta che godere dei numerosi e differenti sapori di “Be The Cowboy”, che scorrono veloci dall’antipasto al dolce.
Camilla Campart

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.