
Però forse essere troppo severi in questi casi è poco corretto, forse sarebbe giusto riconoscere i lati positivi qui presenti, dato che ce ne sono: un cantato rock tradizionale ma sincero, sentito ed elegante al tempo stesso; la varietà delle proposte, perché pur restando all’interno di regole ben codificate si passa dal rock alla ballata, cercando di sviluppare le varie tonalità di grigio che stanno tra questi due estremi.
Ma il peccato originale resta, inutile voltarsi dall’altra parte o risolverla con due atti di dolore: sull’hard rock celestiale e muscolare che costituisce le fondamenta della prosposta dei Manic si edifica una sovrastruttura di arrangiamenti orchestrali e ambizioni che i nostri non riescono a maneggiare con cura. Perché condire di archi canzoni rock o anche ballate che possono risultare più a fuoco senza orchestazione ulteriore? Alla fine le tracce più riuscite sono quelle più semplici, come Dylan & Caitlin, che ricorda il rock solare e un po’ ruffiano del migliore Elton John, o Broken Algorithms, con un riffone alla Runaways che arriva dritto al punto. Un disco indeciso tra le radici e le ali, che finisce per restare a terra, nell’ordinario.
Alessandro Scotti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.