Nel 2013, la rivista Rolling Stone definiva i Lucius come “la miglior band che potreste non aver ancora ascoltato”. Se nel 2016 non l’avete ancora fatto… be’, vi state decisamente perdendo qualcosa di grosso.
I Lucius – Jess Wolfe, Holly Laessig, Dan Molad, Peter Lalish e Andrew Burri – sono al loro secondo album. E Good Grief non può definirsi una rivelazione soltanto perché è stato preceduto da Wildewoman. A tre anni di distanza, sembra che i Lucius si siano chiariti le idee: hanno abbandonato le molteplici influenze del loro primo lavoro, per percorrere un’unica via: quella dell’indie-pop. E, potete scommetterci, hanno fatto benissimo.
Good Grief è innanzitutto un inno al pop di qualità, l’evoluzione del sound delle protagoniste femminili che dominavano la scena degli anni Ottanta e Novanta. È soprattutto la meravigliosa simmetria senza trucchi di Jess Wolfe e Holly Laessing. È un diamante dalle mille sfaccettature: le voci emotive e solenni, le melodie impeccabili, il ritornello da cantare sotto la doccia anche se non sapete tutte le parole, il brano strappalacrime. Eppure resta sempre coerente a se stesso: una gemma perfetta.
Undici tracce e non ce n’è una che passi inosservata. Si comincia con Madness, ed è amore a prima vista. Poi arriva My Heart Got Caught On Your Sleeve: un grido d’amore, drammatica, fantastica. E ancora Born Again Teen, energica, orecchiabilissima.
Il colpo di fulmine è assicurato. Potete pure schiacciare play, alzare il volume e allontanarvi da qualsiasi cosa stia riproducendo quest’album. Non vi riavvicinerete per premere il pulsante skip.
Laura Musumarra

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.