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(di Giulia Bartolini)

 

Live Report

Segrate, 1 marzo 2017

Nella postura di Ayse Hassan c’è qualcosa di sensuale e insieme didascalico. C’è il narcisismo di una bassista che ha già conosciuto i grandi palchi con la sua band più nota, le Savages, e la danza introversa di chi ancora deve dimostrare di saperci fare anche con un side-project. È così che il live delle Kite Base al Circolo Magnolia si traduce in un’esibizione al limite di una prova generale in sala, per raffinare la tecnica e mostrarsi in una versione meno asettica delle prove precedenti.

Un approccio di questo tipo giova non poco alla resa finale. Al fianco di Ayse Hassan (la mora), la collega Kendra Frost (la bionda) dà sfoggio di una buona maestria nel maneggiare un fucile a tripla canna composto da basso, tastiere e microfono. La presenza di due bassi, assoluti protagonisti nel sound del duo inglese, è l’elemento che incuriosisce maggiormente fin dalle prime note. Ebbene, quello che rischia di essere un doppione, nelle tracce delle Kite Base diventa un connubio perfetto. Alle linee post-punk disegnate da Ayse, che nello stile non si discosta molto dalle Savages, fanno da contraltare i ricami della Frost.

Tutto intorno, l’elettronica a volte fracassona e altre più velata, riesce a impacchettare le canzoni in un genere che va dall’industrial di matrice reznoriana all’electro-pop più elegante di Florence Welch. Non è un caso se tra i brani più gettonati delle nostre ci sia proprio una cover dei Nine Inch Nails, Something I Can Never Have, riproposta anche dal vivo in una versione che nonostante la qualità non potrà mai raggiungere le vette dell’originale.

Piombate a Milano con un disco d’esordio ancora da venire, le Kite Base, aperte dalla brava Veyl, autrice di un pop elettronico più intimista e sognante, hanno giocato sull’effetto sorpresa vincendo la sfida. Al di là dei singoli già noti, Soothe, Transition e Dadum, il resto della scaletta è stato una scoperta. D’altra parte il Kite Base, ovvero l’immagine ripresa nel logo dalla band, è una mossa di partenza degli origami. Da lì inizia tutto.

Paolo Ferrari