Drew McConnell è un musicista dalle mille sfaccettature, capace di muoversi con agilità tra progetti e dimensioni musicali molto differenti. Noto principalmente come membro dei Babyshambles – la band fondata da Peter Doherty dopo lo scioglimento (momentaneo) dei Libertines nel 2004 – e come bassista della band live di Liam Gallagher, Drew ha esplorato con versatilità sonorità diverse con i suoi progetti da solista e col collettivo Helsinki.
L’artista inglese torna in Italia per due date live al Bar Canavesano di Ivrea (Torino) sabato 26 ottobre e all’Arci Bellezza di Milano, lunedì 28 ottobre 2024. Ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda, tra progetti passati e futuri, consigli di ascolto, riflessioni sulla scena musicale contemporanea… e una graditissima bombetta finale.
Siamo felici di rivederti live in Italia e sappiamo che anche tu hai un bel legame col nostro Paese. Cosa possiamo aspettarci da questi concerti?
Da quando ho pubblicato il secondo disco di Helsinki, per qualche ragione l’Italia è sempre stato il Paese europeo in cui ho vissuto i live migliori in assoluto. Non so perché, credo semplicemente che voi ragazzi sappiate veramente come divertirvi: ogni volta che suono in città come Torino o Milano, il pubblico riesce sempre a coinvolgermi e farmi ridere. Quindi per rispondere alla domanda, direi che potete aspettarvi che io porti un po’ di popcorn e una chitarra?
A proposito di legami e amicizia, nella data di Torino calcheranno il palco anche i bergamaschi Lowinsky, guidati da Carlo Pinchetti, con cui hai collaborato per uno split lo scorso anno: ci racconti come è nata questa collaborazione?
Carlo è un vero artigiano musicale e l’entusiasmo che inietta nella scena punk e indie con le sue canzoni è davvero impressionante. È proprio come Riccardo (Nicolello, voce dei Viziosa, ndr), entrambi aggiungono un momentum e una carica di energia a tutta la scena locale. Questi concerti in Italia e la collaborazione con i Lowinski sono due esempi lampanti di quanto io sia felice di farmi “infettare” dalla loro esuberanza.
Negli anni hai saputo creare una carriera eclettica, con tanti progetti diversi: oltre a Babyshambles, Puta Madres, Liam Gallagher, ricordiamo con piacere i tuoi lavori da solista: hai qualcosa di nuovo che bolle in pentola?
Sto lavorando con il mio amico Pastor Martín a un album in lingua spagnola, intitolato “Uno Oscuro”.
Hai sempre avuto la capacità di esplorare terreni diversi, anche nelle esibizioni: per esempio, ci ricordiamo la tua bellissima cover di Videogames di Lana del Rey! C’è qualche artista che recentemente ti ha colpito particolarmente?
Ultimamente ho ascoltato alcune delle canzoni meno pop dei Bleechers, ma anche i Meshuggah e J Dilla. Ciclicamente, finisco sempre col tornare ad ascoltare Steve Reich e Billy Cobham. Sono rimasto colpito anche dal nuovo album solista di Geordie Greep, lo trovo abbastanza selvaggio e coraggioso. Un altro consiglio che mi sento di dare è quello di ascoltare i Sons of Kemet.
Stiamo vivendo il “ritorno” delle grandi band UK: Blur e Pulp lo scorso anno, il nuovo singolo dei Cure, ovviamente la reunion degli Oasis. Lo scenario musicale di oggi ha ancora bisogno di nutrirsi di quello dei decenni scorsi?
Io credo che non dipenda tanto dalle band anni ’90, quanto dalle modalità attuali di fruizione della musica. Non paghiamo più per ascoltarla, quindi diamo meno peso al suo valore. Ci sono delle nuove guitar band con canzoni che possono competere tranquillamente con quelle delle band più note, ma il punto è che non le sentiamo alla radio. I promoter, comprensibilmente, non vogliono rischiare troppo per vendere i biglietti dei concerti o dei festival, per questo le band come quelle che hai citato sono una scelta più sicura. Sono fiducioso che questa dinamica possa cambiare presto, in modo che gli artisti più giovani possano avere più opportunità di giocarsela, altrimenti la cultura musicale finirà con l’essere stagnante.
E a proposito di grandi reunion: rivedremo mai i Babyshambles insieme?
Sì.
Mi racconto in una frase:
Malata di musica, cresciuta a pane e rock d’Albione, col sogno di scrivere un libro su Damon Albarn.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Arci Bellezza (Milano)
Joshua Blues Club (Como)
Circolo Magnolia (Milano)
Circolo Magnolia (Milano)
Il primo disco che ho comprato: Blur – The Great Escape
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Smiths – The Queen is Dead
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: nel 2008, Peter Doherty è stato il primo a farmi gli auguri di compleanno, allo scoccare della mezzanotte, sul palco dell’ei fu Rolling Stone di Milano. Come tutto ciò sia avvenuto non è rilevante.