Milano, 7 dicembre 2024

La musica a volte fa male. È spigolosa e graffia la gola. Altre volte è soffice, confortevole, avvolge il cuore come una coperta di lana merino. Ecco, i Nada Surf sono questa cosa qui: un luogo caldo in cui rifugiarsi. Entri in Santeria e sai già come andrà a finire. Sai già che per un paio d’ore resterai al sicuro in un angolo ben protetto dai cattivi pensieri. Se poi attaccano con Inside of Love, con tanto di mirrorball a bassa rotazione, tutto si fa più chiaro e trasparente. “I just had a bad night”, e passa la paura. Affoghi un sorriso nel bicchiere di birra e ti prepari al resto del concerto con un respiro leggero.

Matthew Caws è un leader gentile. Uno zio di campagna con cui andresti a pesca la domenica mattina. Ha un’altra qualità: riesce a suonare per ore senza sganciare una sola goccia di sudore. Per non parlare della sua invidiabile chioma bianca. Non va mai fuori posto, sembra scolpita sulla testa o appiccicata con lo scotch. Ma quello che invidio di più allo zio Matthew è la sua voce da ragazzino, il suo falsetto. Oh che bel falsetto! Oh bej oh bej, diciamo qui a Milano proprio oggi, giorno di festa. Il tempo non lo ha arrugginito. Non sgarra di una virgola nemmeno dal vivo.

Poi c’è quel gran genio di Manuel Lorca, l’altra anima della band. Un gigante buono con la voce di Antonio Banderas. Osservarlo suonare è sempre un piacere. In certi momenti sembra addirittura distrarsi. Volge lo sguardo al cielo, a volte fa spallucce. Oppure si volta indietro, come se lo avesse chiamato qualcuno. Ma è soltanto il suo modo di affrontare il palco. Perché all’improvviso attacca a muoversi languido sullo strumento, e allora non si ferma più. Tiene la tracolla volutamente lasca per accartocciarsi meglio sul manico, con il solito mozzicone tra le labbra per ingannare il tabagismo. Il suo sound è morbidissimo, semplice ma efficace. Le sue linee di basso si modellano burrose con l’incedere dei brani.

Ecco, i brani. Quaggiù in fondo trovate la scaletta, è inutile che stia qui a elencarli tutti. Mi limiterò ai momenti salienti. A partire da In Front Of Me Now, forse la traccia più bella dell’ultimo “Moon Mirror”. Matthew Caws la introduce leggendo un foglietto in italiano. Il brano parla della sua abitudine al multitasking. Un “vizio” di cui vorrebbe liberarsi, dice. Anche se il testo stesso della canzone l’ha scritto mentre guidava (risatine). Gli altri pezzi tratti dal nuovo disco funzionano bene, in particolare Losing e Second Skin, ma è sulle vecchie hit che il termometro inizia a salire.

See These Bones, per esempio, scritta dopo la visita all’ossario di una chiesa romana, investe il pubblico in un crescendo emotivo che mi costringe a ordinare un’altra birra. Blonde On Blonde va citata, naturalmente, ma in un set tutto sommato rilassato, a sorprendere è soprattutto The Plan, trentatre anni di canzone, eseguita con il piglio emocore dei Nada Surf dei primi dischi. La più recente Mathilda offre lo spunto a Matthew per estrarre un altro foglio e leggere una dedica (sempre in italiano) a tutti i padri che come il suo non hanno mai dato peso al grado di virilità dei propri figli.

Concedetemi altre tre menzioni speciali: Hyperspace, preludio perfetto, Popular, grande classico, e l’immancabile conclusione affidata a Blizzard of ’77, suonata come di consueto senza amplificazione. Alla fine pare di stare intorno a un camino. Il salotto pieno di amici, le note dei Nada Surf a far da coperta calda e il fuoco dei 20 anni che scoppietta in sottofondo. Cosa si può chiedere di più a questo freddissimo Sant’Ambrogio? Fuori piove, ma dentro si sta un gran bene.

Paolo

 

 

P.S. Il live dei Nada Surf è stato aperto dai bergamaschi Lowinsky. Sarò sincero, ho fatto tardi, ho ascoltato soltanto l’ultimo pezzo. Ma i Lowinsky li conosco bene e mi fido. Hanno attaccato presto, ma per loro la sala era già praticamente piena. E a giudicare dai complimenti che hanno ricevuto alla fine del concerto, credo proprio sia andata bene. Qui trovate un po’ di materiale pubblicato su queste pagine.

 

NADA SURF SETLIST