A cura di Paolo Ferrari e Simone Casarola
Molti di voi li conosceranno già, perché i Pinguini Tattici Nucleari, da Bergamo, stanno rapidamente conquistando l’intero stivale a suon di live e ascolti in streaming. Il loro esordio discografico risale al 2012 con l’EP “Cartoni Animali”, seguito nel 2014 dal primo disco “Il Re è Nudo” e nel 2015 da “Diamo un Calcio all’’Aldilà”. Spesso descritti come i novelli Elio e Le Storie Tese in versione indie, i Pinguini Tattici Nucleari hanno pubblicato il loro ultimo disco, “Gioventù Brucata”, lo scorso aprile.
Sabato 7 ottobre suoneranno all’Ohibò di Milano. Per l’occasione abbiamo scambiato quattro chiacchiere con loro sul nuovo album, il loro approccio alla musica e alla dimensione live. Prima di farvi leggere l’intervista, vi proponiamo il loro ultimo video, uscito proprio in questi giorni. Il brano si intitola Irene, «una canzone d’amore come se ne sono viste tante, per una ragazza come se ne sono viste tante, che sognava un futuro come se ne sono visti tanti».
Il vostro ultimo disco, “Gioventù Brucata” è uscito lo scorso aprile. Nel giro di pochi mesi ha ottenuto un grande consenso sia nella dimensione live, sia in termini di ascolti su Spotify (siamo già a 500mila). Cosa intendete per “gioventù brucata”? È soltanto un gioco di parole?
Quando diciamo Gioventù Brucata parliamo dell’oggi, di tutti, anche di noi. Non è una vera e propria critica ai giovani moderni, quelle le lasciamo ai dirigenti d’azienda divorziati il sabato sera o alle nonne che preparano le lasagne per la famiglia di domenica. Non vogliamo lamentarci, ci troviamo a nostro agio nel 2017. Soltanto abbiamo paura di scadere nella banalità, nella ridondanza, nella prevedibilità, musicalmente parlando. Come del resto è successo a diverse band.
Il nostro incubo peggiore è avventurarsi negli anni ottanta e perdersi dentro, inciampare dentro ai cappellini di Mac Demarco e alle felpe Adidas e rimanere intrappolati, diventare amici della cassa in quattro e poi diventarne schiavi. Anche se alla fine lo facciamo lo stesso. Perché siamo ribellixximi. Quando seguiamo una moda, stiamo sperimentando.
L’ironia è la vostra “lingua madre”. Spesso, però, non viene capita. In questo senso viviamo un periodo piuttosto difficile: c’è addirittura chi si indigna per gli articoli di Lercio. Vi è mai capitato di essere stati male interpretati? La cosa vi ha fatto ridere o ha creato problemi?
Ormai ci abbiamo fatto il callo. Giornalisti, altri musicisti, bloggers, associazioni animaliste e a tutela dei diritti dell’uomo hanno negli anni dimostrato di non cogliere l’ironia che permea le nostre canzoni. Dire che ci fa ridere sarebbe un po’ ipocrita: non essere capiti crea sempre dispiacere. Soprattutto se si tratta di persone che stimi. Pasolini diceva che la morte non è non poter più comunicare, ma non poter più essere compresi. Siamo come Berlusconi, soltanto meno giovanili.
Dall’altra parte ci sono artisti che invece si prendono troppo sul serio. Cosa ne pensate della “nuova scena indie” italiana?
La nuova scena indie italiana è una sorta di autarchia che però, a differenza di quella fascista, funziona. Ad inizio anni 2000 la musica indie americana e british era tutto, oggi non è più così. Di questo siamo felicissimi. Poi certo, così come durante l’autarchia del ventennio ci sono i caffè espresso e ci sono le ciofeche. Ci piacciono molto cantautori che hanno inventato un loro modo di scrivere e di comunicare, come Edoardo Calcutta, o che hanno il coraggio di proporre qualcosa di diverso e lontano dal trend, come gli Eugenio in Via di Gioia.
Parlando di artisti emergenti, per realizzare la copertina del vostro ultimo album avete scelto il giovane fumettista Mattia Labadessa. Cosa potete dirci di lui? Come siete entrati in contatto? Possiamo aspettarci qualcosa da questa collaborazione?
A lui piacevano le nostre canzoni, a noi piacevano i suoi disegni, e quindi abbiamo pensato: perché non iniziare una bella collaborazione Napoletano-Bergamasca? Gli ultrà atalantini e quelli napoletani, da sempre amici per la pelle, hanno appoggiato questa nostra cooperazione, e così è nato il tutto. È stato un po’ difficile perché lui si sveglia sempre alle 15 del pomeriggio e noi andiamo a dormire alle 17, quindi ogni giorno avevamo soltanto due ore per confrontarci e capire come procedere. Ma alla fine siamo molto soddisfatti del prodotto. Magari lavoreremo ancora insieme, chissà.
Siete nel pieno del vostro tour (il 7 ottobre all’Ohibò di Milano). Cosa vorreste rimanesse di ogni vostro concerto?
Da ogni concerto, in ordine, prendiamo:
Tre capelli di fan trentenne che si avvia per la tortuosa e dura strada della calvizie.
Cinque gocce di sudore di bella ragazza timida che viene a parlarci quando smontiamo alle 2 di notte.
Un goccio di saliva del critico musicale mentre ci dice “siete bravi perché…” o “fate schifo perché…”.
Un neo della barista che non vorrebbe essere lì.
Quattro vodka redbull abbandonati a fine serata.
Il calore lasciato dalla gente seduta sui divanetti.
Poi li mettiamo in un calderone e ce lo beviamo a fine tour.
Ed è proprio per questo che non moriremo mai.
O moriremo sempre.
E del vostro live allo Sziget? Cosa avete portato a casa da quell’esperienza?
Tante nuove amicizie, un pezzo del fegato di Cosmo, lo sguardo di sfida che Macklemore lancia al pubblico prima di iniziare ogni sua canzone, abbronzatura, ma soprattutto abbiamo scoperto i Gyros. Ora non possiamo vivere senza.
Per chiudere non possiamo evitare di farvi una domanda sul vostro nome. Perché? Cosa significa? Ma soprattutto, da appassionati di birra, avete mai bevuto la Tactical Nuclear Penguin?
Il nome è appunto preso da una birra scozzese, chiamata Tactical Nuclear Penguin. I membri fondatori decisero di creare la band mentre si trovavano in una birreria famosa per questa specifica birra. Tanti pensano che sia un nome buffo e nonsense creato ad hoc per attrarre l’attenzione degli ascoltatori su di noi, e si sbagliano; c’è una storia dietro. Comunque inizialmente dovevamo chiamarci gli Antonelli Venditti, ma poi abbiamo cambiato idea: c’era già uno con sto nome e non vogliamo rubare la scena a nessuno.
La band sta per ripartire in tour, ecco le prossime date confermate:
07/10 – Ohibò, Milano
14/10 – Covo Club, Bologna
27/10 – Druso, Bergamo
03/11 – Home Rock Bar, Treviso
04/11 – Spazio Musica, Pavia
17/11 – Officine Corsare, Torino
24/11 – Mame, Padova
25/11 – K2, Vicenza
13/12 – Mercoledì Rock, Perugia
15/12 – Dissesto Musicale, Tivoli, Roma
16/12 – Capanno Black Out, Prato
25/12 – Vibra, Modena

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.