Ha aperto i concerti di Brunori, ha sfilato per Gucci insieme a Francesco Bianconi, scrive favole in musica sugli animali, gioca con le parole, inventa leggende, arriva dalla Maremma ed è giovanissimo. Lucio Corsi, ormai affermato nel panorama indie, è uno dei cantautori più apprezzati della nuova generazione. Lo abbiamo incontrato a Lugano in occasione del Busker Festival per fare una chiacchierata con lui.
A cura di Andrea Frangi
Ciao Lucio, in questi giorni sei a Lugano per il Busker Festival, una manifestazione che vede tanti artisti suonare sparsi negli angoli della città. È la tua prima volta alle prese con il busking?
Il primo anno in cui ero a Milano ho suonato per strada, è una cosa molto bella e formativa: impari ad avere un rapporto con il pubblico in modo diverso. Tu sei lì e loro non sono lì per vederti, stanno semplicemente passando, perciò devi riuscire a farli fermare, a tenerli lì, non ci devono essere pause, deve esser uno show senza interruzioni.
Hai aperto in inverno i concerti dei Baustelle, poi quelli di Brunori Sas, due gruppi che ormai sono sui palchi da anni. Come ci si sente, da così giovani, ad aprire i loro concerti? Cosa stai imparando?
È un’esperienza fighissima, mi ha dato molto e sto capendo come funziona un tour, tutte le persone che ci lavorano, eccetera. È una scuola, perché suono anche nei teatri di fronte a tante persone, è divertentissimo. Poi sono due gruppi che apprezzo, non potevo chiedere di meglio.
Parliamo un po’ del tuo album, “Bestiario Musicale”. Sono otto brani, otto storie, divertenti e sghembe, piene di fantasticherie. Una cosa che mi fa impazzire, e che di solito si ritrova più nei cantautori del passato, è la capacità di raccontare storie, nel tuo caso favole, direi. Per questo ti può ascoltare un bambino come un adulto. Come sono nate queste storie?
Sono nate osservando e vivendo in maremma. Sono cresciuto in un podere con intorno più alberi che pali della luce, più civette che aeroplani. Il luogo in cui vivi condiziona le parole, gli argomenti. Poi avevo necessità di parlare di una cosa che conoscevo bene e a cui tengo molto. È affascinante: gli animali sono una delle cose più fantasiose e fantastiche che ci siano, basta pensare a come sono fatti: la forma, le abitudini, sono tutte cose divertenti! È anche un modo per parlare non solo di loro, a me piace che ognuno ci possa trovare quello che vuole. Io faccio così quando ascolto, amo trovare significati dentro le storie. Non voglio nemmeno sapere cosa pensa l’autore, perché magari non coincide con la mia versione, ma è bella uguale.
Nel passato, nel medioevo ma anche prima, i bestiari erano delle opere moralizzanti. C’è stato uno studio di questo tipo per scrivere i testi?
Ero affascinato dai bestiari in generale, il catalogo degli animali è un oggetto bellissimo e le illustrazioni molto importanti. Mi hanno ispirato i disegni, le immagini, i quadri dai quali prendevo spunto. Ad esempio la copertina di un libro persiano vecchissimo che si chiama “Il verbo degli uccelli”, dove c’è l’upupa in mezzo al bosco che parla a tutti gli altri animali.

La copertina di “Bestiario Musicale”
Tra l’altro tua madre a è disegnatrice, giusto?
Si! Ha disegnato la copertina del mio ultimo disco, ma anche le copertina dei vecchi Ep. Tengo molto alla presenza dei suoi disegni e voglio che sia così anche per il futuro.
C’è un fruscio, tanti piccoli suoni che si affastellano graziosamente uno sopra l’altro, che rendono proprio l’idea della macchia mediterranea. Dove lo hai registrato?
L’intento era proprio quello! È stato registrato in Maremma, in un podere in campagna… Con le finestre aperte, i rumori degli uccelli che rientravano nel microfono, cantato di notte, piano, per non svegliare i miei che abitano nella casa accanto… Poi sono andato nel campo degli ulivi a mezzanotte a registrare i grilli con il computer su una sedia, le cuffie…
Sei molto giovane, hai poco più di vent’anni ma porti con te tanti ascolti, soprattutto di cantautori italiani di qualche decennio fa. Ripercorri in modo personale una tradizione, cantautori che hanno parlato di animali, mi viene in mente Lauzi e Branduardi.
Ho scoperto che c’è già un album che si chiama proprio “Bestiario”. Dopo aver finito il disco mi sono detto: «Ora andiamo a vedere se esiste già». Ed è uscito subito come risultato su Google… Però poi ascoltandolo non ci sono solo nomi di animali, mentre io volevo abbinare ad ogni traccia un animale. Una cosa che mi piacerebbe fare è portare dal vivo altre canzoni dei cantautori italiani con il nome di un animale, come Il gorilla di De André. Eviterei canzoni sugli animali fatte apposta per i bambini, ne preferisco altre, ad esempio il Merlo di Ciampi, dove l’autore chiede disperato al merlo una melodia da portare al suo editore (fischietta, ndr.).
Ascolti molta musica del passato mi pare di capire, sembri un po’ calato da un altro tempo per essere così giovane.
Mi fa piacere, anche se non è necessariamente positivo a volte. Comunque mi garba anche molta musica attuale, ascolto ad esempio tanto hip hop, come Tyler The Creator, Kanye West. Lì ci trovo tanta creatività, libertà. Pensa a portare quella creatività di suoni, degli arrangiamenti anche in una musica cantautoriale! I miei da piccolo mi hanno fatto sentire poche cose: Neil Young, i Beatles e De André. Questi tre. I miei non sono mai stati dei musicisti o degli appassionati di musica; mio zio aveva chiesto a mio papà di andare con lui a sentire i Beatles a Roma (nel 1965), ma mio padre gli disse che non aveva voglia (ride, ndr.).
Mi pare però di capire che non sei un amante del digitale, sia nei suoni che in altri piccoli dettagli emerge una certa artigianalità. Anche la scelta di stampare solo in vinile…
Per questo disco mi piaceva l’idea di stamparlo solo in vinile perché rende giustizia alla copertina, che si vede meglio. Poi penso che al giorno d’oggi c’è uno stimolo diverso a comprare un disco, lo compri quando lo hai già ascoltato e sai che ti piace, che vuoi proprio fare il passo successivo. Più diventa feticcio, più ha senso di esistere.
Nei tuoi live lasci spazi a nuove canzoni, nuove strofe, tentativi… Cosa c’è nel cassetto? Un nuovo album?
Sì, del prossimo disco sto portando in giro già alcune canzoni, mi piace testarle live. Mi serve molto. Ho già molti pezzi e lo sto costruendo, sto pensando anche a quello dopo ancora! Sarà più matto! Mi piace inventarmi cose, lavorarci piano piano, così quando faccio un disco so cosa fare dopo. Odio aspettare che mi debba arrivare l’ispirazione. Se non faccio canzoni non posso fare questo lavoro. Deve essere così, penso. Non sarà un concept album, ma una specie di descrizione di un mondo altro. Ogni canzone avrà una vita propria, storie, immagini.

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.