[lessness] è il moniker con cui Luigi Segnana, ex membro di Casa Del Mirto, ha iniziato la sua avventura solista uscendo prima con un Ep e poi, lo scorso febbraio, con il suo debut album “Never Was But Grey”. Il disco, uscito per Justin Jest Entertaiment, è un incontro tra new wave e post punk, derive elettroniche e testi in inglese. Un mix unico di influenze, che si può in sintesi definire così: se James Blake, Jon Hopkins e Dave Gahan avessero fatto a gara a chi beve più whisky, questo disco sarebbe il mattino post-sbornia. Abbiamo parlato con lui di questo, della scena new wave italiana, citazioni letterarie e gatti.

Cosa direbbe James Blake se sentisse il tuo album? E cosa pensi tu del suo ultimo album?

Sarei per primo io curioso di saperlo! Glielo mandi tu, il disco? Siamo nei territori della grande fantascienza, mi farebbe piacere pensasse che sono delle buone canzoni, a livello produttivo “..non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport…”. Ho ascoltato ‘Assume Form’ è l’ho trovato, come gli altri suoi lavori, di una classe infinita.

Chi è [lessness], da dove arriva e cosa fa quando non suona?

[lessness] quando non suona vaga per il Trentino, come un orso sperso: sommerso dalla neve d’inverno e immerso nel lago d’estate. In primavera e autunno registra e scrive canzoni, se non trova di meglio da fare. Gli piace parecchio leggere, anche se non è mai riuscito a finire “Infinite Jest” di David Foster Wallace, e provare nuove combinazioni di cocktail a base sambuca.

Cos’è cambiato, a livello stilistico, dal primo EP a quest’album?

C’è stato un cambiamento, una sorta di evoluzione rispetto all’Ep. Nell’Ep volevo ricreare tramite il suono la morbidezza ed il mistero della notte, quindi sonorità più malleabili, frequenze più basse e synth dal timbro più caldo. “Never Was But Grey” vuole invece ricreare l’atmosfera di un risveglio (bello o brutto che sia), del momento di passaggio dal buio alla luce, quell’attimo di incertezza sui contorni del mondo esteriore. Le canzoni sono più dirette e scarne, più veloci, ho cercato frequenze più alte e timbri più secchi. Suoni quasi acidi in certi momenti. In comune, con l’Ep precedente, c’è sempre la forma canzone come punto di partenza e la predominanza del suono del basso, anche se suonato in maniera diversa.

Come è stato registrato? Qualche dettaglio un po’ da nerd? Sappiamo che sei un bassista, hai registrato tu anche gli altri strumenti?

È stato registrato un po’ in studio e un po’ nella vasca da bagno. È stato registrato di notte, sperando di non svegliare i vicini, forse per questo anche nei pezzi più tirati la voce rimane morbida e poco forzata, quasi una ninna nanna per fachiri. Non posso proprio definirmi un nerd dello studio di registrazione o della strumentazione, ho registrato tutti gli strumenti presenti nel disco: synth, basso, qualche percussione, la voce che rimane uno strumento per certi versi. Tutti tranne la chitarra.. che nel disco non c’è, quindi sarebbe strano il contrario, no?

C’è qualcun altro che fa qualcosa di simile a te in Italia? Se sì, chi?

Sinceramente non so di qualcun altro che faccia qualcosa di simile a quello che faccio io. Quello che faccio, poi, è frutto di esperienze talmente personali che spererei di no, mi scoccerebbe scoprire di essere il replicante o il doppelgänger di qualcuno. D’altro canto, ho dei riferimenti ben precisi in ambito musicale che altri gruppi hanno, ma che declinano in maniera diversa uno dall’altro. Al momento mi vengono in mente We Are Waves, Hesanobody, Be Forest, Soviet Soviet, tutti con solide basi piantate nella new wave e nel post punk, eppure ognuno molto diverso dall’altro.

Perchè cantare in inglese in un periodo in cui va di moda farlo in Italiano?

Non c’è un perché, è successo così. Ho sempre fatto parte di band, in passato, dedicate al cantato in inglese, quello è il mio background culturale. Da sempre ascolto musica cantata in inglese, amo la musica cantata in inglese e mi riesce più facile scrivere pezzi in inglese.

Nel tuo progetto sembrano esserci parecchie citazioni letterarie? Ci fai qualche esempio?

Amo molto la lettura e la letteratura e mi scopro ad essere un lettore più vorace di quanto sia un ascoltatore di musica, in effetti. Le citazioni letterarie sono molteplici e confuse, come lo è la mia cultura letteraria, frutto più del caso che dello studio. Nel disco ci sono vasti riferimenti a ‘The Waste Land’ di T.S. Eliot: il testo della canzone 2:21 fa riferimento ad una parte del libro, a “Il Sermone Del Fuoco”. Il testo di How Should We Love This Fever? è figlio illegittimo e non riconosciuto della poesia ‘Dinosauria, We’ di Bukowski, per non parlare di Carver e Kafka, che aleggiano su tutto il disco. Parte fondamentale del progetto è dovuta a Samuel Beckett: [lessness] è il titolo di una sua opera e “Never Was But Grey” è una frase estrapolata dall’opera stessa.

Presenti il tuo progetto descrivendolo con il nome di tre alcolici?

Eh eh, solo tre? Il primo è senza dubbio il liquore per eccellenza da bere a fine pasto con il caffè: sambuca, ghiaccio e mosca. Perché il ghiaccio immerso nella sambuca la rende torbida, un po’ nebbiosa come certe albe in Trentino, dove ti risvegli nella foschia e nell’ignoto, foschia e ignoto che hanno ispirato “Never Was But Grey”. Foschia e ignoto che ricorrono anche in certe mattine dopo certe nottate passate a bere qualche sambuca di troppo.

Il secondo è il whisky di Maker’s Mark: liscio e morbido, che va bene sia secco che col ghiaccio. Alla portata di tutti, proprio come “Never Was But Grey”, che può piacere indifferentemente a chi ama la new wave a chi vuole solo ascoltarsi una canzone senza tante paranoie.

È dura indicare il terzo alcolico, dopo lungo pensare dico la grappa, come marchio territoriale di appartenenza. Ma non la grappa che si compra in negozio, troppo facile. La grappa fatta in casa, quella irregolare che non si può fare, non si deve fare, ma si fa lo stesso perché così è se vi pare. La grappa che ti stende al suolo e ti fa dimenticare chi sei.

Perchè un gatto in copertina? Sei un gattaro?

Quel gatto torvo che scruta dalla copertina è Izquierdo, il gatto-lupo che ci concede l’onore di condividere l’appartamento con lui. Mi piacciono i gatti? Sì. Sono un gattaro? No. Già con uno temo per la mia sopravvivenza, non oso immaginare con più gatti così…