Galeffi è uno degli ultimi fenomeni dell’itpop. Oddio, ultimo. Nella “nuova musica italiana” il tempo è talmente tiranno che l’artista romano, nonostante abbia solo un disco all’attivo, suona già da veterano del sold-out. Lo abbiamo incontrato a Sulzano (Brescia), in occasione della sua data per Albori Music Festival. Buona lettura.
 
A cura di Paolo Ferrari
ph: Giulia Bartolini
 
Polistirolo fa rima con Paracetamolo, che a onor del vero è uscita dopo. Ma quanto sei debitore verso Calcutta?
 
Ho due risposte. Il mio disco, “Scudetto”, è stato scritto non solo prima che uscisse il singolo Paracetamolo di Calcutta, ma anche prima dell’uscita del suo precedente album, “Mainstream”. Io non volevo farlo uscire perché erano canzoni che avevo da tempo a casa. In quel periodo lavoravo in pizzeria ed essendo un giornalista lavoravo anche in un paio di redazioni. Ero contento così. Quando poi mi sono deciso a fare uscire il disco, Calcutta, insieme con i Thegiornalisti e I Cani, ha reso popolare qualcosa che prima era di nicchia. Quindi posso dire che a livello artistico non sono debitore di Calcutta, ma a livello di possibilità economiche e lavorative sì.
 
Non sapevo che fossi un giornalista, in che redazioni hai lavorato?
 
Lavoravo per più siti internet e poi, concentrandomi sul giornalismo sportivo, andavo allo Stadio Olimpico di Roma, a Trigoria (dove si allena la Roma, ndr.), e collaboravo per la Gazzetta, il Messaggero, Leggo. Essendo tifoso sfegatato della Roma speravo che con la passione il lavoro pesasse di meno.
 
 
Sei ormai tra i nomi di punta dell’itpop. Ma qual è il tuo rapporto con la musica straniera?
 
È un rapporto più saldo di quello che ho con la musica italiana, perché in realtà non ne ascolto molta, mi piace di più la musica estera. Sono molto curioso, quindi ascolto tutto, però gli artisti italiani per i quali sono in fissa sono pochi. Uno è Cesare Cremonini, poi mi piacciono cose vecchissime come Modugno, Celentano, Mina, Patty Pravo. Degli attuali in realtà mi piacciono tutti, ma non mi piace nessuno. Io stesso non mi piacerei se fossi un ascoltatore (ride).  
 
Penso alla tua canzone Potter/Pedalò. Nelle relazioni, sei un Harry Potter di natura o ti travesti da maghetto solo per conquistare la tua Hermione?
 
Bella domanda, devo chiederlo alla mia compagna, ma sono più un Harry Potter doc. Se mi tolgo gli occhiali un po’ meno, mi manca la bacchetta.
 
 
Dopo un tour così intenso, partito addirittura con un sold out, nelle tue Occhiaie resta ancora soltanto amore o c’è anche un filo di sonno arretrato?
 
Se la giocano. In realtà il tour estivo è più morbido di quello invernale, che ha compreso 40 date in quattro mesi.
 
Ma tutte queste date poi te le ricordi? Dove hai suonato l’altro ieri?
 
Ho dei vuoti. Per esempio, io sono un po’ feticista degli alberghi, tengo sempre qualcosa di ciascuno, ma in questo momento non me li ricordo tutti, alcuni li ho rimossi, forse perché arrivavo in condizioni pietose. L’unico luogo che sono riuscito un po’ a visitare è stato questo (il Lago d’Iseo, ndr.) in inverno, quando sono venuto a Paratico al Belleville. Arrivavamo da Reggio Emilia, abbiamo fatto un viaggio breve, e quindi avevamo tutto il pomeriggio. Mi ero fatto una bella passeggiata. L’altra città che sono riuscito a vedere è stata Genova, quando abbiamo suonato al Crazy Bull. Anche in quel caso eravamo arrivati presto.