Dopo due anni, accogliamo a braccia aperte il ritorno degli Ex Otago con “Marassi”. Scorrendo velocemente le canzoni per un primo ascolto, le mie orecchie si soffermano particolarmente su una, Mare. La dolcezza melodica di questo brano cantautoriale trasporta in ogni immagine che il testo propone. Ed è subito voglia di…mareeee. Ma andiamo con ordine. Il disco si apre con I Giovani d’oggi, secondo singolo che quest’estate aveva anticipato l’album. Inizialmente pensi “ma che ca… Jovanotti?”, poi inizi ad abituarti ai synth in primo piano e alla virata electro pop che ha preso il posto del vecchio sound dalle influenze esotiche di “In Capo al mondo”. Questo brano è un esplicito manifesto alla nostra condizione di “giovani”. Dobbiamo lottare contro un’eredità di auto blu, seconde case e spiagge private. Ma comunque, abbiamo qualcosa da dare. Sembra di ritrovare il fantasma di Jovanotti dei tempi di “Safari” anche ne La Nostra Pelle e nel ritmo martellante de Gli Occhi della Luna. Una scia dei vecchi Otaghi si ritrova in Sognavo di fare l’indiano, brano che incalza come una filastrocca e che si allaccia al passato “In capo al mondo”, suonato in tour da quattro indiani, con tanto di copricapi. Inoltre, la vitalità tipica del vecchio album si trova anche in Non molto lontano, brano vivace e ricco di synth.
La presenza rilevante dei synth e le melodie dream-pop si sentono anche in Cinghiali incazzati, primo singolo del lavoro, Quando sono con te, ultimo singolo ad anticipare il disco, e Ci Vuole Molto Coraggio, brano di chiusura del disco che, come gli altri, entra subito in loop nel cervello. L’album è stato prodotto da Matteo Cantaluppi – produttore anche di “Fuoricampo” dei Thegiornalisti – e proprio la sua presenza in regia ha tirato le redini per una svolta dream-pop anche in Casa Otaghi. Nonostante ciò, alla loro musica rimane un’indescrivibile sensazione di libertà e leggerezza che si era già insinuata con le melodie di Amico Bianco, L’appuntamento e Foglie al vento, e che è diventato il loro timbro emotivo caratteristico.
È un disco che cresce con l’ascolto, un disco sincero dove gli Otaghi si sono fatti portavoce, più che di un particolare sound, di quello che li caratterizza nella loro vita di sempre. Hanno deciso di fermarsi a raccontare di loro e della loro città, Genova. E per questo Marassi. Così nelle loro parole: “Volevamo raccontare il presente e non c’è niente di più presente di Marassi. Marassi è la Genova post moderna, rimasta fuori dalle canzoni di De Andrè, il posto più vicino a quello che si può definire casa. Un quartiere che ben rappresenta i giorni nostri, un quartiere di supermercati e palazzi, di pini domestici e platani, di palestre di boxe e di zumba, di relazioni sull’autobus, di vita. Lo stadio e il carcere, indiscussi grandi monumenti. Gli anziani guardano i cantieri, i giovani fanno le impennate con lo scooter”.
Stefania Fausto
foto di Carlotta Coppo

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.