Ci sono band che hanno fatto della fedeltà verso ciò che rappresentano un dovere assoluto, un modo d’essere, un vero e proprio status. Soprattutto nel mondo della musica “fast and loud”, questo è un concetto che svariate volte ha creato miti (basti citare Ramones, Bad Religion, Motorhead) e nel contempo ha anche prodotto dischi di non eccelsa qualità, ma sempre sicuramente onesti. I Dropkick Murphys da Boston, in poco più di vent’anni, hanno contribuito a forgiare un sound figlio del punk quanto della musica irlandese, mantenendo con incredibile costanza un’invidiabile attitudine. Questo ha permesso loro di diventare una delle più importanti punk band post eighties hardcore (al pari di Rancid, NOFX e poche altre) ed addirittura di raggiungere la fama mondiale grazie alla partecipazione nel film premio oscar “The Departed” di Martin Scorsese, giusto undici anni fa.

Dei nove album in studio di cui è composta la loro discografia “11 Short Stories of Pain and Glory” non ha né l’iconocità di “Do or Die” né l’afflato pop di “Blackout” né il classicismo grintoso di “The Meanest of Times” (forse il loro ultimo capolavoro), ma farà la gioia dei vari fan sparpagliati per il pianeta regalando il meglio nei brani clashiani (“Rebels with a Cause” e “Sandlot”), nel rock’n’roll grezzo di “I Had a Hat” e nell’omaggio ai Pogues di “First Class Loser”. La classicissima “You’ll Never Walk Alone” resterà invece per il popolo punk con ogni probabilità legata al nome dei Cockney Rejects e, diciamocelo, è giusto così.

Andrea Manenti