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De Rosa – Weem: recensione

Schermata 2016-02-04 alle 23.29.26Weem, dei De Rosa, è un bel disco! Non esaltante, ma bello sì. Un album che mentre lo ascolti non trovi nulla che sia fuori posto o fuori fuoco, che potrebbe durare due ore come il tempo di una sigaretta e in ogni caso sarebbe sempre comodo.

Weem è anche una parola di origine gaelica, che grossomodo significa grotta, caverna abitata e che, a sua volta, da il nome a un villaggio nell’area rurale di Perth, in Scozia.

I De Rosa in Scozia ci sono nati e cresciuti e più precisamente hanno passato i loro inverni a Bellshill, nel North Lanarkshire, una delle regioni del paese in cui le radici storiche e tradizionaliste si ancorano più in profondità.

Questo è il sottofondo imprescindibile di Weem. Tuttavia i rimandi alla musica folk britannica sono solo il sostrato comune di un incredibile pot-pourri di influenze, che pesca nelle varie declinazioni che il pop e rock del regno unito ha saputo sfornare negli ultimi 30 anni. O comunque nelle sue espressioni più soft e meno mainstream.

Il disco forse risulta meno stimolante dei due lavori precedenti, ma di sicuro è molto accomodante e si esprime con la chiara volontà di spaziare in una gamma di sonorità ben definita. Un mix bilanciato di atmosfere eteree e melodie gradevoli e orecchiabili, chitarre leggermente sporcate e puntuali cesellature sintetiche, voci e ritmiche effettate, tastiere minimali e dinamiche curatissime, il tutto sempre nelle giuste dosi.

Insomma, in Weem non c’è nulla di eccessivo, di estremo, di complesso: vince la semplicità e vince bene.

E proprio in virtù di ciò credo sia impossibile rischiare di confondere proprio questa esemplare semplicità con la banalità, di cui mai il disco si macchia. La ricerca dei suoni e la cura negli arrangiamenti, infatti, permette al trio scozzese di catalizzare l’ insieme estremamente eterogeneo di citazioni stilistiche, metabolizzarle, ridurle all’osso, rielaborarle secondo la propria personalità e farne fuoriuscire un prodotto assolutamente bello da ascoltare.

Mirko Catani