Quando si parla di CRLN, il pensiero corre subito alla nuova scena italiana di artisti indipendenti. A musicisti, quindi, che hanno filoni musicali specifici di riferimento: c’è chi si rifà alla scena dance/techno europea, chi alla canzone d’autore italiana, chi alle radici della musica black.

Nel caso di CRLN, la sua ispirazione proviene da oltreoceano, alternando il suo mood tra The XX, Ecuador e Bonobo. La cantante 25enne di San Benedetto, prodotta da Macro Records (etichetta di Macro Marco, che produce anche Mecna), emerge da un panorama musicale italiano costituito quasi unicamente da artisti maschi.

Lei è triste e ha tanta ansia: i suoi sentimenti pervadono tutti i suoi testi, scritti in modo semplice ma accurato. Previsioni è l’incipit del suo album “Precipitazioni”, disco che già dal primo brano sembra essere particolare e non troppo scontato, attraverso l’uso di batterie elettroniche spezzate e la rinuncia ai fantomatici ritornelli (che in Italia sembrano essere obbligatori).

In realtà, CRLN è un’amante della sezione ritornellata. Il disco si sviluppa secondo scenari differenti, dotati di continuità grazie al suo modo di cantare, che si avvicina per certi versi a quello di una Meg di fine anni ’90 (in canzoni come Quello che dei 99 Posse, per intenderci). In alcuni brani, come Blu o Con tutti i miei difetti, le melodie vocali risultano cantilenanti, senza un vero spessore timbrico. Altri, come Ballando controvento e Fragile, appaiono più danzerecci e up tempo, riuscendo a sospendere per una decina di minuti le sonorità lente, che a lungo andare risulterebbero monotone.

Bastano pochi elementi per costruire il brano più forte del disco: cassa, clap e accordi di chitarra acustica generano Ho perso il conto, che strizza l’occhio al neo-soul attraverso batterie che tirano indietro e un ritornello super catchy.

Tirando le fila al discorso, CRLN sforna un disco notturno, intimo, non impeccabile per via di alcune linee vocali non troppo interessanti e a volte molto ripetute. Ma le basi per migliorare il tiro ci sono tutte: arrangiamenti asciutti, elettronica mischiata con strumenti acustici e la sua voce vellutata sono ottimi presupposti per imporsi nella nuova scena indie italiana.

Pietro Gregori