“Capolavoro”, secondo album ufficiale in tredici anni di attività per la band torinese dei Cibo, è una descrizione dettagliata, a tratti umoristica a tratti spaventosa, di ciò che significa essere una band nel nuovo millennio. In uscita per l’etichetta INRI, un vero marchio di qualità nell’ambiente piemontese, questa nuova fatica parte dalle radici hardcore punk dei nostri per sferzare con maestria in ritmiche più lente e pesanti di matrice stoner e, vera novità, persino in melodie scanzonate spesso e volentieri costruite attraverso l’utilizzo ragionato di ben tre voci.

Il vero punto forte dei Cibo sono però i testi, tanto demenziali quanto veritieri e, proprio per questo motivo, crudi. Già l’incipit de “Il nostro gruppo è morto”, cavalcata hardcore a folle velocità nonché fedele trascrizione di conversazioni whatsapp prese dalla chat della band, mostra il lato umano dei torinesi con i loro “scazzi” e litigi (“Sono solo quattro accordi e non ci stai un cazzo dentro! / E quando c’è da caricare sei sempre in ritardo, COGLIONAZZO! / BASTA!!! SCIOLGO IL GRUPPO! / Non hai capito niente di quello che volevo dirti, ti sei arrabbiato subito”). Si prosegue poi con varie tematiche che sembra stiano molto a cuore ai nostri: dalla droga fonte di ispirazione e contemporaneamente di morte per molti artisti (“Gadro”) all’amore (“Sono stata lasciata”), dall’amicizia (“Macchinine (miglioreamicodimerda)”) alle mille difficoltà del sistema capitalista (“Supermercato”), dall’invecchiamento (“4 Amici in piazza” e “Riporto (4 Amici in piazza reprise)”) alle nuove generazioni perse (“Murazzi Lato Dx”). Pogo e risate sono assicurati.

Andrea Manenti

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