Fate largo ai Be Forest che, con il loro terzo album “Knocturne”, uscito l’8 febbraio 2019 per opera del collettivo We Were Never Being Boring, rubano la scena risucchiando l’ascoltatore all’interno di un’atmosfera tenebrosa da cui è difficile uscire illesi. Dopo aver riscontrato un grande successo sia a livello nazionale che internazionale, Costanza delle Rose, Erica Terenzi e Nicola Lampredi sono pronti a prendere posto in sala e unirsi alla platea di chi osserva lo spettacolo della quotidianità: sul palco ci siamo noi, immersi in un’oscurità che limita il movimento.

«Abbiamo impiegato tanto a scrivere “Knocturne”, a registrarlo e finirlo, ma ci abbiamo messo molto più tempo a capirlo noi per primi». Dopo “Cold” nel 2011 (con annessa ristampa nel 2017) e “Earthbeat” nel 2014, questa volta l’immaginario è quello di una voragine che si apre all’improvviso proprio sotto i nostri piedi, all’interno di un album intriso di inquietudine, che non siamo noi a inghiottire perché è lui a farlo per primo.

Al di là di possibili riferimenti di genere, il suono dei Be Forest è il suono dei Be Forest, a dimostrazione del fatto che pelle e ossa sono sufficienti se solide al punto giusto. Nonostante dietro agli arrangiamenti vi sia un concetto elaborato e rielaborato, la melodia non risulta mai in alcun modo appesantita. Con una produzione che ha visto la partecipazione di Steve Scanu e un master curato da Josh Bonati, già all’opera con David Lynch, Mac DeMarco e Zola Jesus, “Knocturne” porta con sé un mormorio intenso e uno strascichio di strumenti che si aggrovigliano dietro una nebbia fitta.

Ancora una volta sono nove le tracce, di cui due strumentali annodate fra loro (Atto I e Atto II in prima e sesta battuta), che si legano all’interno di pensieri oscuri, comete che si scontrano e flash improvvisi, come il bagliore di Bengala e il bisogno che abbiamo di levarci i veli per poter essere chi siamo. Gemini è un viaggio alla ricerca di se stessi per combattere il disorientamento, la perdita d’identità e il rischio di cadere nel vuoto, all’interno di una disperazione mai troppo disperata. Infine, You, Nothing che spalanca le porte di fronte a nuovi itinerari percorribili, come il tour da poco cominciato dai tre splittato fra Italia e Stati Uniti.

Questo è un disco fatto di momenti, insidie, tentazioni, coordinate confuse e smarrimenti fulminei, all’interno di un turbine di avvenimenti inaspettati. Acoltate “Knocturne” e lasciatevi avvolgere dalle tende nere dei Be Forest, perché vale la pena perdersi.

Camilla Campart