Qualche anno fa avevo una vera ossessione per la California. Ci viveva la persona che amavo e cercavo ovunque riferimenti a quella regione luminosa, per ritrovare tracce delle esperienze che stava vivendo e sentirla vicina. Ogni riferimento era plausibile, e tra i tanti film e libri che bruciavano sotto il sole di Los Angeles, è apparsa Joan Didion, giornalista, sceneggiatrice di tanti film ed icona californiana fino al midollo.
Lessi “l’anno del pensiero magico” e l’anima di quella piccola donna e di quell’arida stagione di dolorosa anestesia affettiva mi folgorò.
È lei la protagonista su Netflix, proposta tra un episodio e l’altro di Stranger Things, di “The Center Will Not Hold”, un bel documentario diretto da Griffin Dunne, nipote di Joan, che non grida al capolavoro. La vita della scrittrice segue atmosfere affettive, tracciando un ritratto intenso e magnetico di una vita straordinaria quanto drammatica.
La scelta del regista è di insistere con primissimi piani sul corpo consumato dalla malattia e dalla trascuratezza, dagli occhi della Didion che trattengono la potenza delle sue parole. Da giornalista di Vogue, attraverso il matrimonio e la letteratura, fino a Quintana, figlia donata, amata, rimpianta.
Una vita invidiabile, di una star (una casa sull’oceano frequentata a Scorsese, Harrison Ford e Warren Beatty) che privilegiava la dimensione privata. Tutto però poteva essere gettato al pubblico, anche il particolare più intimo, come materiale narrativo (spietato e tristissimo il resoconto del viaggio alle Hawaii durante una grave crisi matrimoniale) per la necessità di tattenere l’attimo vissuto come occasione da fotografare (atroce la descrizione, e la risposta della giornalista, di un bambino sotto LSD durante una festa negli anni ‘70) e poi esplorare.
Joan Didion è stata bella, evanescente e glamour, colei che faceva colazione con una coca-cola ghiacciata in occhialoni scuri, ma in ogni suo saggio o romanzo possiamo ritrovare quello che scriveva a proposito di Georgia O’Kneefe in “White Album”: lo stile è carattere. Il documentario molto parla di quest’ultimo libro, cronaca della fine degli anni ’60 e di una Los Angeles dove di aggiravano demoni di sette, droga, omicidi e musica strepitosa (Joan ha intervistato e conosciuto chiunque della scena musicale di quel periodo e si è aggirata a lungo ad esplorare la vita di Haight Ashbury).
Se in queste notti che portano all’inverno avete già visto il documentario su Rocco e consumato la seconda serie di Stranger Things, godetevi “il centro non reggerà” e nutrite occhi e mente con la vita e l’anima della magnifica Joan Didion.
Il Demente Colombo
Nome e Cognome: Demente Colombo
Mi racconto in una frase: strizzacervelli con un cuore di cinema
I miei 3 locali cinema preferiti: Anteo, Apollo, Silvio Pellico di Saronno.
Il primo disco che ho comprato: Cross Road (Bon Jovi)
Il primo disco che avrei voluto comprare: Tapestry (Carole King)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: Quando sono triste guardo Zoolander e il mondo mi sorride.