Un disco di seduzione al maschile, avvolgente, conturbante e torbida: la band britannica dei Wild Beasts, con il loro quinto lavoro di studio Boy King, riesce a produrre quel mix letale tra trance e rock che si infila disperatamente in profondità e filtra indisturbato tra le cavità del corpo. La voce distorta e gli arrangiamenti dichiaratamente elettronici si avvolgono a spirale attorno a testi di una violenza mascolina quasi spaventosa. L’esplicitazione trionfale di un maschilismo diretto è forse la forma di ironica critica ad esso stesso più potente che esista. Hayden Thorpe sembra sogghignare dietro i baffi dei suoi versi, come a domandare al suo pubblico se quelle affermazioni offensive che sta pronunciando siano veramente superate e impensabili al giorno d’oggi. L’album intero infatti sottintende una grande provocazione: l’assalto del maschio alfa all’universo – in particolare a quello femminile- è da considerarsi archiviato? Oppure residui tossici di presunzione di superiorità fisica e mentale più o meno manifesta permeano ancora la nostra democraticissima e socialmente avanzatissima esistenza?
Probabilmente sì, anzi sono esacerbati dalla raggiunta consapevolezza di non averne alcuna.
Emblematico il singolo Get my bang, dove i riferimenti sessuali a una donna sottomessa e tripudi di doppi sensi licenziosi affiorano in ogni strofa. Ma non solo: il gene xx trasuda dalla chiamata al predatore di Big cat a Tough Guy, senza dimenticare la minacciosa Alpha female “I’ll be right behind you/sarò proprio dietro di te”. Alle parole si accosta in modo efficace la ritmica martellante, i suoni perpetrati in una violenta ripetizione; una costanza che pedina le parole e contribuisce a metterci nell’angolo, in un angolo dove non volevamo proprio andare. E una volta lì, siamo costretti a sentirne la pressione, a respirarne il fiato sul collo, a essere infilzati dalle perfette stoccate di accordi e dai dardi elettronici. E sarà solo nella traccia conclusiva Dreamliner che questo Maschio Re si ricostruisce un animo più introspettivo e sensibile, si converte. Il disco è musicalmente coinvolgente e ben riuscito, gli intenti dei testi sono certamente chiari ai più. La speranza è che siano chiari a tutti e non ottengano l’effetto opposto a quello per il quale sono nati e sono stati assemblati, in una brillante denuncia su pentagramma.
Giulia Zanichelli

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.