Boom! Al povero Josh Homme sono serviti un divorzio, un tumore e, musicalmente parlando, una non proprio riuscitissima svolta pop. Se “Villains” sembrava aver messo la parola fine alla leggenda dei Queens Of The Stone Age, “In Times New Roman” ci mostra invece una band che non sfugge alla vecchiaia, e anzi la sfrutta, andando a comporre il famoso disco della maturità da tanti cercato e non sempre trovato.

Homme si lascia definitivamente alle spalle le sbronze gioiose del penultimo disco, ma non cerca nemmeno di riproporre i fasti del passato. Qui non sono presenti né lo stoner sabbathiano d’inizio carriera, né la furia punk dei primi tre capolavori. Se siete ancora alla ricerca di quello, andate a farvi un giro tra i dischi degli ex compagni John Garcia e Nick Oliveri, non resterete certamente delusi. “In Times New Roman”, invece, è un disco di rock classico che ha come numi tutelari due grandi maestri quali Iggy Pop (quello della carriera solista, soprattutto della collaborazione “Post Pop Depression”) e David Bowie (in primis quello berlinese).

Il risultato è un album solido, compatto, dalle grandi melodie e soprattutto composto da signore canzoni. Dall’incipit robotico (aggettivo rubato allo stesso Homme) di Obscenery, alla conclusione monumentale con gli oltre 9 minuti ipnotici di Straight Jacket Fitting, passando per due possibili nuove hit quali Paper Machete ed Emotion Sickness. In mezzo troviamo la pesantezza cupa di Negative Space, il pop decadente di Carnavoyeur, il garage scanzonato di What The Peephole Say e il romanticismo sui generis di Sicily. Questo ottavo lavoro in studio ci mostra una band viva e vegeta, che ha ancora molto da dire. Bentornate Regine.

Andrea Manenti