Il fondatore dei White Stripes è spesso dipinto come un personaggio talentuoso e inaccessibile. Recentemente, si è concesso alle pagine del The New Yorker in un’intervista con lo scrittore Alec Wilkinson, che scava nella sua vita e nelle sue ossessioni per i dettagli.
Nei primi 2000 lui e Meg White si sono trovati ai vertici della Billboard 200, nel 2003 la loro Seven Nation Army divenne un inno da stadio ed è come il piccolo John Gillis (suo vero nome) pronunciava “Salvation Army”. Era un bambino energico e anche oggi mantiene la stessa personalità, come afferma il fratello Stephen, nonostante da giovane qualcuno pensava potesse diventare addirittura un prete, dopo una lunga esperienza da chierichetto.
A 21 anni aprì il proprio negozio Third Man Upholstery. Nel 1993 conosce Meg White, si sposano nel 1996 e lui prese il suo cognome, l’anno successivo ha inizio la loro avventura come White Stripes, quando Jack le chiese di suonare mentre registrava qualcosa nel loro attico.
Dalla prima esibizione a Detroit in vestiti rossi e bianchi ottennero il primo contratto con il musicista Dave Buick, solo cinque settimane più tardi, quando però Jack White rifiutò per il costo di 500 dollari per registrare il disco che gli sembrava eccessivo
Dopo l’inizio con Buick, i due firmarono per un’etichetta indipendente, fino al grande successo con Elephant. Il divorzio arrivò nel 2000, nel 2007 cancellarono 18 date a causa dell’ansia di cui soffriva Meg, accusata spesso di suonare in modo troppo semplice. Al momento vive a Detroit e non rilascia interviste da anni.
Jack ora ha lo stesso aspetto di quando suonava nel gruppo e come da bambino ogni cosa che lo cattura lo tiene occupato per ore, come l’idea di dirigere un film su uno spacciatore di Detroit. È costantemente impegnato nell’industria del deisgn per cappellini da baseball e colleziona animali impagliati (due iene, due gazzelle, un kudu, una testa di elefante e quella di una zebra e una piccola giraffa).
Li tiene nell’ufficio di Nashville, dove si trasferì nel 2005, dopo aver valutato Memphis, Georgia, attratto dal calore del Sud, qualcosa che lo facesse sentire a casa. White ammette di non poter vivere in città come New York o Los Angeles, perché non lo farebbero sentire unico e questo intaccherebbe la sua creatività di artista.
La sua casa è anche il suo studio di registrazione, in cui di recente ha prodotto il disco di Lillie Mae Rische. Nelle vesti di produttore confessa di avere dei principi vecchio stile: se stai registrando un take e non ti convince, devi cancellarlo e riprovare fino a quando non troverai quello che ami, mentre oggi le persone ne registrano anche cinquanta e poi li sistemano con l’auto-tuning.
Qui per leggere l’intervista integrale del New Yorker
A cura di Caterina Gritti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.