La quattordicesima edizione del Mi Ami è stata un vero successo. Sold out nella prima giornata e affluenza di massa nella seconda. Segno che anche quest’anno la direzione del festival ha fatto centro. Seguire tutti i live sarebbe stato impossibile, ma vi possiamo garantire che ce l’abbiamo messa tutta. Per questo abbiamo deciso di tentare una sintesi dei dieci chiodi fissi che ci siamo portati a casa al termine della due giorni. Ah, l’ordine è puramente casuale.

A cura di Paolo Ferrari

 

1. Il romanticismo in pillole dei Prozac +

Prozac + (Foto Claudio Caprai)

Nota romantica. La prima volta che li ascoltai era il 1996. Un amico conosciuto in vacanza mi registrò una cassettina con “Testa Plastica”, il loro esordio pubblicato dalla Vox Pop di Mauro Ermanno Giovanardi e Manuel Agnelli (quest’ultimo avvistato al Mi Ami ventidue anni dopo). Sulla stessa cassetta c’era un improbabile demo dei Kassapunka, qualcosa dei (P)itch e due pezzi del suo gruppo scassato. Di questi tre, nessuno è sopravvissuto. E a onor del vero nemmeno i Prozac +, visto che hanno già annunciato che la reunion del Mi Ami e la seconda data all’Home Festival resteranno episodi isolati. Ma risentire dal vivo brani come Pastiglie, Ho raccontato che, Legami, Betty Tossica, oltre al tormentone Acida (suonata due volte a gran richiesta), è stata una vera emozione. Se non altro perché sotto il palco si è scatenato un pogo da fare invidia ai Bad Religion. Tra una gomitata e un tentativo miseramente fallito di crowd surfing, un paio di persone mi hanno pure chiesto di che anno fossi. «Ah, ma allora c’eri anche tu!».

2. Il circle pit dei Bee Bee Sea

A proposito di scazzottate.  I Bee Bee Sea da Mantova si sono aggiudicati la palma per il live più divertente di questo Mi Ami. Garage punk marcissimo, suonato senza fronzoli, come se ne sente raramente in Italia. Erano da poco passate le 19.00 di sabato, quando il trio lombardo ha trasformato la platea del Palco Mi Fai in una minuscola arena per vecchi pogatori. Ogni stop-and-go era quello giusto per improvvisare un piccolo circle pit e buttarsi dentro per smaltire la birretta.

3. I Vanarin a mani basse 

Avevano già vinto in partenza. Come Federer a un torneo di dilettanti. Troppa classe, troppa sicurezza per competere con la “fascia” giovane del Mi Ami. I Vanarin da Bergamo, in barba alla loro età, hanno dato ancora una volta una lezione di stile. Il loro rock debitore dei Wings, mescolato al prog, sciolto nel pop di Jacko e vomitato in un rigurgito funk, ha conquistato anche chi si è ritrovato solo di passaggio sotto al Palco Mi Fai. Per tutti gli altri, recuperateli in qualche modo.

4. Il collare di Auroro Borealo

Auroro Borealo (Foto Davide Padovan)

E poi è arrivato Auroro Borealo. L’ex Culo di Mario è spuntato dal nulla con il baffo accentato e un collare cervicale da colpo di frusta sul curvone tra viale Gadio e Foro Bonaparte. Prima di attaccare ha presentato la sua formidabile band: un’anziana meshata alla chitarra, un specie di taglialegna al basso e un vecchio giocatore di briscola alla batteria. Il complessino geriatrico, naturalmente, fingeva di suonare sulla base. Specie il batterista, in evidente difficoltà sul ritmo. Ma la carica era tale che già sul primo pezzo (Vecchi che urlano) Auroro si è lanciato in un stage diving dal quale Cosmo ha soltanto da imparare.

5. Il panino venezuelano (o come si chiama)

Si perdoni la parentesi gastronomica, ma ricorderemo questo Mi Ami anche per la vasta scelta di cibo nell’area food. Voto alto per un panino venezuelano dal nome già dimenticato in zona celiaci. Un’apprezzata novità che tuttavia non ha tolto nulla alla più tradizionale area pizza. E al piacere sadico di attendere la chiamata di una diavola come una convocazione in nazionale.

6. La beata gioventù

Il Mi Ami è da sempre l’occasione per misurare il pubblico “indie” italiano. Un bel mucchio di gente che si presta alla perfezione a uno studio fenomenologico sulle variabili dell’età e dei gusti. Ebbene, quest’anno la situazione è decisamente cambiata rispetto agli anni scorsi. Tra i quindicimila spettatori che circolavano tra i pratini del Magnolia si sono finalmente viste delle facce nuove. Giovani, molto giovani. Soprattutto nella prima giornata. Gente che ha ancora parecchi capelli, per intenderci. Quei boccoli setosi che anche se si inzuppano di sudore a un concerto di Frah Quintale restano comunque in piega. Sono pronto a scommettere che molti di quei ragazzi non erano mai stati al Mi Ami. E poi i genitori ad attendere fuori dai cancelli. Sì, venerdì c’erano anche loro. Li ho visti, vecchi cinghiali incazzati. Viva.

7. Il pubblico di Cosmo

Cosmo (Foto Starfooker)

Quanto al pubblico di Cosmo, però, è difficile trattenersi. Il musicista piemontese ultimamente piace assai. Questo lo sapevamo. Potremmo pure aggiungere che se lo merita. E va bene. Ma l’elettro-pop che lo ha reso celebre pare abbia raccolto proseliti più sugli invasati che sull’ascoltatore raffinato. Va bene anche questo, per carità, ma tra le prime file sembrava di stare nella Fossa dei Leoni a cantare i cori per Savicevic.

8. Calcutta a sorpresa

Calcutta (Foto Starfooker)

Capitolo Calcutta. Che potesse fare una comparsata nella prima giornata era una speranza che coltivavano in molti. In pochi, però, ci credevano davvero. Ma all’alba delle 2.00 ecco spuntare il folletto laziale con chitarra e cappellino. La voce si è diffusa in pochi secondi. E una fiumana di testoline si è precipitata sotto il Palco Pertini da ogni dove. Quello del cantautore di Latina non è stato un vero e proprio concerto. Il tutto è durato una ventina di minuti. Ma tanto è bastato per mandare in delirio la folla all’urlo di “Ueee deficiente”. A suo modo Calcutta ha annunciato l’uscita del suo secondo album, “Evergreen”, fuori da nemmeno un giorno, e ha addirittura improvvisato un medley delle sue prime hit. Una sorpresa, insomma. Ma per centinaia di fan è stata una scusa indolore per abbracciare gli amici e farsi una sana cantata.

9. Lo scratch di Dj Gruff

È stato un attimo. Ma passando per il Palco Pertini a rimediare una birra, sono stato colto di sorpresa da uno scratch di Dj Gruff ai piatti. Il ragazzo non ha perso il tocco, raffinato e ammorbante. Pochi secondi per ricordare a tutti di che pasta siano fatti i grandi maestri.

10. Tutto il resto

Davide Toffolo (Foto Claudio Caprai)

Il resto a cui abbiamo assistito non è riassumibile in poche parole, ma ci proviamo. La performance di Giorgieness sul Palco Havaianas non ha deluso le aspettative. La giovane musicista valtellinese dà il meglio di sè quando la chitarra tende a graffiare. È proprio lì, nei brani più muscolari del suo set, che riesce a sfiorare le corde più profonde. Ottimo esordio anche per Lucia Manca, synth-pop all’italiana potente e gustoso, mentre Generic Animal ha confermato la sua superiorità sulla schiera già ben nutrita di artisti ibridi, in bilico tra pop, r’nb’ e hip hop. E come non parlare dei Dunk, anche loro colti soltanto al volo, mentre eseguivano una splendida versione di Subterrean Homesick Alien dei Radiohead. I Selton, nella loro nuova formazione, hanno puntato più sui suoni pacati che sul clima da spiaggia. Si noterà infine l’assenza di Ex-Otago e Tre Allegri Ragazzi Morti, ahimè sacrificati a favore di altri. Ma sono band talmente rodate ed entusiasmanti che dubito fortemente abbiano deluso.