I Metz, combo canadese punk-noise alla quarta uscita discografica in meno di un decennio, sono una band sudata. Provate ad ascoltare questo nuovo “Atlas Vending” e inizierete a sentire il loro sudore come se fossero lì davanti a voi. I Metz sudano in quanto band viva e vitale. Nonostante i contenuti dei loro testi siano spesso nichilisti e/o pessimisti, hanno una forza vitale addosso che non sempre le nostre orecchie hanno la gioia di captare.
Come novelli Nirvana, sudano la loro linfa per donarla a chi vuole riceverla, siano tre persone al bancone di un bar, un centinaio di fan a casa con le cuffie o milioni di persone (se il miracolo che capitò a Cobain e soci dovesse incredibilmente ripetersi). Cosa non impossibile ma assurda, in quanto i Metz non sono una band pop, sebbene abbiano tutte le carte in mano per giocarsela anche a livello maistream.
«Lampi, tuoni e saette, schianti di latte / Fragori e albori di guerre universali / Scontri letali». Il testo di Sonica dei nostrani Marlene Kuntz ben si addice alla descrizione della prima traccia in scaletta: Pulse. La successiva Blind Youth Industrial Park ha una venatura più scura, quasi grunge, e potrebbe un po’ ricordare i contemporanei Cloud Nothings, mentre The Mirror è debitrice degli intrecci chitarristici di Thurston Moore e Lee Ranaldo del periodo di “Dirty” e No Ceiling è hardcore emozionale di rara intensità.
Hail Taxi, forse il vero capolavoro della setlist, mescola ritmiche impazzite alla Converge a un ritornello di pura e stupenda melodia: è pop e allo stesso tempo lontanissima dal pop. Draw Us In e Sugar Pill hanno una cadenza pesante, alla Unseen, non disdegnando comunque fraseggi più ascoltabili, di scuola Yo La Tengo anni Novanta. Framed by the Comet’s Tail è invece una marcia funebre dall’intensità pazzesca. L’album si avvicina alla conclusione con una bomba atomica di hardcore violento (Parasite) e finisce nella cavalcata di sette minuti e mezzo di A Boat to Drown In, con una coda shoegaze che è pura poesia.
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman