matt berninger

Ok, partiamo dal presupposto della totale, consapevole inutilità di questa recensione. Fiumi di inchiostro e lunghe catene di Times New Roman sono già stati scritti su questo album e il suo autore. Eppure, andava fatta. Non è concepibile che sulla nostra webzine non vengano spese parole su “Serpentine Prison”, il primo, meraviglioso disco solista di Matt Berninger, voce e anima dei The National

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Partiamo da un assunto, a mio parere inconfutabile: il cantautore di Cincinnati è uno dei migliori frontman in circolazione, nonché una delle migliori voci degli ultimi due decenni, non tanto in quanto estensione, precisione e minuzie tecniche del genere (anzi, diciamo pure che la sua passione per l’enologia lo porta spesso a non arrivare proprio al top alla fine di un concerto, vedi ad esempio il live all’Arena Expo – Milano 2018), ma in quanto istrionico carisma, magnetismo, seducente malinconia. È inconfondibile, con quella sua voce baritonale, un crooner affascinante e impacciato capace di entrarti sottopelle nel giro di venti secondi.
 
Sarà per questo suo essere straordinariamente identificabile che qualcuno ha tacciato “Serpentine Prison” di essere “un disco dei National senza National”. Beh, a mio modesto avviso è un’affermazione senza senso. Innanzitutto, Matt è Matt, continuerà, con o senza band, a fare il suo e a farlo bene, a essere fedele alla sua linea stilistica e autoriale.
E poi, certo che si sente che non ci sono i Dessner Brothers (sebbene tanti musicisti della famiglia allargata National abbiano lavorato nel disco). Ma è forse un male? Non per me, non in questo lavoro. Qui, stavolta, il protagonista è uno solo: Berninger. Senza National, perché è un artista dall’identità definita e propria, ma che resta portatore di quella stessa sensibilità, atmosfera vocale e intensità che mette anche nei suoi lavori con la band.
 

“Serpentine Prison” è un disco essenziale e intimo, al quale un produttore come Booker T. Jones ha saputo aggiungere quel tocco black, sofisticato e ricco di sfumature che ha permesso a dieci belle canzoni di trasformarsi in gemme preziose. My Eyes Are T Shirt apre morbida il disco, proiettandoci sensuale e ammaliante verso il resto delle tracce, seguita da Distant Axis, il primo singolo estratto, emblematica porta d’accesso a questo mondo sonoro: una canzone impreziosita anche dalla collaborazione con Andrew Bird (che suona il violino in molti brani del disco), a cui segue il terzo One More Second, che personalmente ritengo il migliore brano del disco. Un brano perfetto: orecchiabile, intenso, musicalmente immediato ma impreziosito da qualche elegante tocco di classe. Lacrime vere, emozioni che toccano e fanno venire i brividi. Aggiungi i vocals di Gail Ann Dorsey, aka la bassista di Bowie, e il piano di Brent Kopf, l’altra metà del suo side project El Vy, e hai il mio cuore in mano.

E poi la tromba e l’armonica di Silver Springs che ricamano il magico duetto con Dorsey, la delicata espressività del pianoforte di All For Nothing, la chiusura con la title track, visionaria ciliegina sulla torta di questo  album che è un bellissimo regalo di compleanno (nel mio caso, amabile Scorpione, letteralmente) e di vita.

“Serpentine Prison” è il mio disco dell’anno, di quest’anno in particolare ma destinato a rimanere per tanti anni a venire. È un disco incredibilmente ricco nella sua semplicità, curato, emozionante, a cui basta poco – ma fatto bene – per essere potente. Parla di amore, di vita. A volte con amarezza, altre con dolcezza, sempre con sincerità. È il posto perfetto dove cercare riparo, lasciandosi coprire dalla sua poesia, in questi tempi difficili: “I need a vacation from intoxication”.

Giulia Zanichelli

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