Ritorna mordace “5 Canzoni Bomba”, la rubrica che vi propone i cinque brani usciti questa settimana che guai a voi se commetteste l’errore di perdervi. I fornelli li potete pulire tra mezz’ora, il libro che state leggendo probabilmente è stato scritto 50 anni fa e non scappa, la serie TV potete metterla in stop (tanto ormai sono troppe e tutte uguali) e lo smart uorchi…. Ok, a quello non si deroga! Proprio per questo, come ogni settimana, vi semplifichiamo le cose. Buona fortuna!
Brian Fallon – Vincent
Il terzo disco di Brian Fallon è quello più intimo mai scritto fino ad oggi, per lo meno da solista. Dopo due dischi di Americana rock abbastanza scialbi per gli standard sentiti con l’ormai cult band The Gaslight Anthem, Fallon racconta tutto sé stesso in “Local Honey” come era solito fare in alcune canzoni della band. Forse proprio la reunion dell’anno scorso per celebrare il decennale di “The ’59 Sound”, il disco più acclamato dei quattro del New Jersey, ha aiutato il frontman a ritrovare quella ruvida genuinità. Il disco, breve nella sua durata e per metà già tutto svelato dai singoli, raccoglie 8 ballate che incrociano la tradizione dell’Americana con alcune trovate innovative dal punto di vista della produzione, se non altro per Brian Fallon, come alcune batterie elettroniche ed echi di synth. Vincent, bombetta qui segnalata, è la classica murder ballad americana dal finale macabro e ambiguo. Brian la infarcisce con i suoi easter eggs alla tradizione del cantautorato U.S.A., in questo caso Dolly Parton e Don McLean.
Cabbage – You’ve Made An Art Form (From Falling to Pieces)
Il quintetto di Mossley torna a infiammare la scena di Manchester a due anni di distanza dal fragoroso esordio. Alfieri dell’Apocalyptic Sprautrock come amano autodefinirsi, propongono nel nuovo singolo un suono più smussato, senza quelle spigolosità nichiliste che li hanno fatti balzare alle orecchie di tutti, sicuramente più in odore di shoegaze che di punk. Strofe e ritornello rimangono impresse già dal secondo ascolto e sommate compongono un brano che promette scintille dal vivo.
Car Seat Headrest – Martin
A un mese esatto dal nuovo disco di Will Toledo, ecco il secondo singolo di anticipazione. Le sonorità sono le stesse di Can’t Cool Me Down e sempre intrise di indietronica, anche se a questo giro non mancano delle chitarre e una trombettina che ci riporta a una certa scena di inizio millennio. Il disco, che uscirà per Matador Records, sarà infatti frutto di una curiosa collaborazione tra la band di Toledo e il progetto elettronico 1 Traid Danger. Menzione speciale per il video, perfettamente calzante ai tempi che stiamo vivendo.
Dirty Projectors – On The Breeze
Un EP folk dei Dirty Projectors è perfetto per la stagione, e chissà, magari pure per il periodo. Quattro canzoni con venti di jazz e bossa, brevi ma intensi quanto basta per reclinare il capo e lasciarsi andare. Avevamo già avuto modo di ascoltare Overlord e Search for Life, completano il quadretto Guarding the Baby e questa On The Breeze. Fate un bel respiro e lasciate che vi rinfranchi l’animo in attesa dei giorni che saranno.
Waxahatchee – War
Katie Crutchfield ha deciso di ripulirsi, prendersi una pausa ed esaminarsi. Ha passato gli ultimi due anni a viaggiare e a interrogarsi sugli errori commessi: nasce così “Saint Cloud”, il quinto lavoro del progetto, terzo sotto Merge Records: un disco sul pentimento e sulla vergogna, scritto e dedicato ai luoghi che hanno ospitato la cantautrice errante. Gli arrangiamenti risentono di questo cambio d’umore, allentandosi e scarnificandosi verso scenari di folk americano che poco hanno a che fare con l’indie rock delle origini, pur non rinunciando assolutamente a certe ariosità pop. Struggenti confessioni ma anche ruggiti, come questa War. Instant Classic!

I miei tre locali preferiti per ascoltare musica: Circolo Magnolia (Milano), Biko (Milano), Santeria Toscana (Milano)
Il primo disco che ho comprato: Coldplay – X&Y
Il primo disco che avrei voluto comprare: Weezer – Blue Album