Ho visto « La pazza gioia » qualche giorno fa, in un pomeriggio di maggio in cui i miei equilibri vacillavano. Non ho potuto scriverne subito per gli occhi commossi e per la mia emozione che si è trattenuta nelle ore a seguire.
Da tanto tempo non vedevo un film così bello, intenso, di prepotente intelligenza e di diffusa malinconia. Virzì ha girato il suo capolavoro, dal respiro trattenuto e drammatico del miglior cinema italiano, che unisce l’agra ironia di Monicelli con le nostalgie di Scola, sotto lo sguardo accogliente di Marco Cavallo, azzurro simbolo di quella solidarietà umana che liberò la follia dalle catene.
Virzì parla di disperazioni, di vite al margine e di incontri. Due donne molto diverse, che tra inquietudine e pazzia, nella confusione delle proprie emozioni si incontrano, perdendo il controllo nel tentativo di ritrovarlo. La patologia è quella dei sentimenti, in malattie di toni dell’umore che non riescono ad essere accordati, che, come strumenti in un’orchestra, possono eccedere in suono o abbassarsi, fino a spegnersi e a distruggere.
Il racconto può sembrare caricaturale, i personaggi sopra le righe, ma chi lavora nell’ambiente che “La Pazza gioia” racconta, ritroverà tanta verità, tanta realtà e, forse, voglia di fare di più. Facile il paragone con Thelma e Louise, ma nulla è più sbagliato, perché Beatrice e Donatella (incredibilmente brave le due attrici) non fuggono da una realtà opprimente, ma solo da se stesse, perdendosi e precipitando sempre più nelle proprie struggenti oscurità.
Una riflessione sull’umanità, sul senso e sulle difficoltà e la necessità di mantenere nella realtà attuale gli ideali di quella meravigliosa rivoluzione di umanità che ci regalò Franco Basaglia. Ma oltre a questo, c’è l’amore per il cinema, per le belle sceneggiature, per le emozioni autentiche, mai rubate e per la Toscana, terra di malinconia ed indescrivibile bellezza. In questo film c’è molta pazzia e la gioia struggente che solo le anime perse possono trovare quando nel loro cuore l’amore, la gentilezza e la solidarietà prendono il posto della solitudine. Un film da vedere e rivedere, emozionandosi senza fine.
Il Demente Colombo
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.