Chi è Luca Guadagnino? È uno dei plurinominati agli ultimi Golden Globes (uscito a mani vuote) ed uno dei pochi grandi registi italiani rimasti, inspiegabilmente quasi sconosciuto in Italia. Dopo un secondo lungometraggio inquietante (Melissa P.), nel 2009 ha folgorato con un capolavoro, di bellezza travolgente e dalla potenza di un antico mito, “Io sono l’amore”, non sufficientemente citato e ricordato. Di origini italo-algerine, ormai è storia la sua amicizia con Tilda Swinton, che ha diretto nell’ imperfetto e magnetico “A Bigger Splash” e negli ultimi anni ci ha regalato pochi film, lavorando nella moda.

L’anomalia di Guadagnino deriva forse da questa formazione (ha lavorato a lungo nel lusso), che si esprime nei suoi ultimi lungometraggi in una perfezione stilistica, in una controllata bellezza, che trasforma una struttura registica classica in un linguaggio emotivo.

Il suo ultimo (bellissimo) film ( il prossimo sarà il remake di “Suspiria“) si intitola “Chiamami col tuo nome”. Scritto insieme a James Ivory (!) ambientato negli anni ’80 e girato in una pianura padana (in particolare Crema, dove vive il regista) bellissima (nei film di Guadagnino l’Italia è, insolitamente nel cinema recente, sempre magnifica), ha le atmosfere del primo Bertolucci (come non pensare a “Prima della Rivoluzione” e a “Novecento”), di Bellocchio (il piacentino de “I pugni in tasca” e la sua Bobbio, il fiume e la campagna), di Olmi, ma l’ispirazione dichiarata è “à nos amour”, di Pialat. Un gusto fuori moda, una visione di cinema poco realista, forse snob, ma profondamente poetica ed emotiva.

Chiamami col tuo nome” (tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman) è una formazione sentimentale, ma soprattutto una storia d’amore, dai tratti struggenti e malinconici, su un amore che si esprime per chi è diverso da noi.
Lo stesso Guadagnino ha detto che il suo film “è un idillio sulla capacità di amare l’alieno, di non diffidarne o volerlo inglobare e riportare a sé, ma di abbracciarlo nella sua diversità, qualunque essa sia”. Un altro tema è il rapporto tra genitori e figli, il rispetto, la comprensione, nella bella descrizione familiare parallela ad una passione struggente ed infuocata che brucia tra le fiamme di un’estate troppo breve.

Certamente penalizzato dal doppiaggio (la dimensione del diverso è sottolineata da un armonico intreccio di lingue: inglese, francese, tedesco, italiano e dialetto), il 29 gennaio sarà finalmente nelle sale italiane, dopo aver travolto il pubblico dei festival in giro per il mondo (dal Sundance a Toronto) aver commosso il mio amato Xavier Dolan “It hit so close to home that, for a while, it paralyzed me. I couldn’t really talk about it, even though I wanted to”, ha detto, e aver avuto qualche problema di distribuzione in Italia.
Bella colonna sonora di Sufjan Stevens.

Il Demente Colombo