Candidatissimo agli Oscar e delusione ai Golden Globes è uscito al cinemaPiccole Donne” il film più furbo e deludente dell’anno. In confezione gran lusso (con 40 milioni di dollari a disposizione!), è il secondo film (dopo “Lady Bird”) di Greta Gerwig, adorabile icona radical chic che impersonò Fances Ah e compagna di Noah Baumbach. La relazione col regista che la scoprì non è un dettaglio, perché durante la notte degli oscar entrambi lotteranno per ricevere una statuetta; lei con “Piccole Donne”, lui con “Marriage Story” (polpettone autobiografico con attori in stato di grazia).
Ennesimo adattamento del libro di Louisa May Alcott, segue quello azzeccatissimo del 1994, dove la mitica Jo era impersonata alla perfezione da Winona Ryder.

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La Gerwig afferra la storia e la destruttura, in un fiume di flashbacks che trasformano il film nel flusso di coscienza di Jo, anima e memoria della propria famiglia. L’idea è bella ma la resa della sceneggiatura, che si avvolge nella ricerca di originalità (o forse autorialità), non sempre calza alla perfezione, spesso perdendosi nel caos (soprattutto nella malattia di Beth le fasi temporali sono confuse). Insopportabile il dilungarsi della contrattazione con l’editore che acquisterà il libro di Jo, in un riferimento (era proprio necessario?) alla disparità dei trattamenti economici di genere hollywoodiani. Femminismo forzato per tutto il film, che un po’ fa godere ma che dopo un po’ diventa troppo forzato. Protagonista l’attrice feticcio della Gerwig, Saoirse Ronan, Laurie impersonato dall’onnipresente Timothée Chalamet, con peluria prepuberale, Emma Watson non proprio eccezionale ( con inspiegabile accento britannico, nella versione originale). Recitazione esagitata, sopra le righe, con inquietudini ed agitazione psicomotoria alla Muccino.

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Inadatto che Amy nel film non appaia bambina (a distanza di sette anni l’unica cosa che cambia è la frangetta…nella versione precedente giustamente Kirsten Dunst veniva sostituita da Samantha Mathis). “Una mamma per amica” in versione vittoriana, con gran boato e ilarità in sala all’arrivo del padre della famiglia March, impersonato da Bob Odenkirk (ormai iconograficamente l’avvocato Saul Goodman). Visivamente bellissimo (molte scene ricordano quadri di Renoir e Monet), Louis Garrel bravo e dalla sconfinata avvenenza, Meryl Streep eccezionale. Un film dalla confezione meravigliosa con contenuto vuoto e glaciale. Piacevole, ma con poco cuore.

Il Demente Colombo

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