Quale può essere il motivo per cui il leader di una delle rock band più in voga degli ultimi anni decida di mettere in stand by la propria fruttuosa creatura a favore di un progetto egoisticamente solista? In questo caso la risposta sembra molto semplice. Grian Chatten aveva già scritto nove bellissime canzoni che mal si accompagnavano alle bordate di rock distorto dei Fontaines DC: giusto, quindi, vestirle di altri colori donando così loro il giusto mood.

Chatten in questa prima (e unica?) prova da solista sfrutta i suoi punti forti, quelli che l’hanno reso originale e facilmente riconoscibile, non disdegnando qualche digressione in territori che a prima vista sembrerebbero essere a lui lontani. Si inizia con la profondità e l’autenticità dell’acustica The Score, in cui Nick Drake si appoggia a un tessuto elettronico minimale e riuscitissimo, per lasciare poi spazio al dub sinfonico (che potrebbe ricordare qualcosa dei The Good The Bad & The Queen) di Last Time Every Time Forever.

Fairlies è un punk noise fatto con chitarra acustica e archi, Bob’s Casino guarda addirittura a Dean Martin versione ubriaca e decadente, mentre con All of the People Chatten scrive una delle sue migliori composizioni di sempre riallacciandosi alla forma ballad in voga nei magnifici nineties.

East Coast Bed gioca con shoegaze e dream pop, e non è difficile immaginare il ritornello cantato da Victoria Legrand dei Beach House, Salt Throwers Off a Truck è folk scattante, mentre I Am So Far, anche grazie all’armonica, è sempre folk ma youngiano. La conclusione è affidata alla sublime Season for Pain, di un’intensità tale che sembra far risorgere il fantasma del recentemente scomparso Mark Lanegan. Un bellissimo lavoro, onesto, originale e sincero.

Andrea Manenti