Roma, 13 aprile 2018

In un venerdì sera di apparente primavera, il siracusano adottivo più famoso di Norvegia è atterrato sul pianeta Auditorium Parco della Musica di Roma. Lui è Erlend Oye, metà dei Kings of Convenience e fondatore dei The Whitest Boy Alive: un norvegese che si è innamorato perso dell’Italia e che da una decina d’anni ha fatto della Sicilia la sua casa.

Erlend è l’incarnazione dell’hipster ante litteram, prima che avere i risvoltini fosse roba cool: occhialoni dalla montatura spessa, aria da nerd sognante, maglioncino color pesca, camicia a quadri (nonostante ci siano 25 gradi e tutti noi siamo praticamente in mezze maniche) e sorriso facile.

Sale su un palcoscenico poco illuminato e costellato di chitarre e, da lì, fa la sua magia. Con un colpo di accordi e parole soffiate, Oye cancella la stanchezza e gli stress della settimana e ci trasporta sul suo dolce pianeta. Un viaggio musicale leggero e morbido, che costringe a rilassare le spalle e chiudere gli occhi, che traccia una scintillante costellazione sonora tra brani dei suoi gruppi precedenti, altri tratti dai suoi lavori come solista, altri ancora in italiano, suoi o coverizzati. Se all’inizio è solo, piano piano fanno il loro ingresso nella Sala Petrassi i colleghi siciliani, che lo accompagnano al pianoforte, ai cori, alla tromba e all’ukulele, il suo nuovo strumento adorato.

E lui suona con loro, non sopra di loro, creando un’unità di suoni e d’intenti fraterna, a volte più intima a volte più allegra. Lascia anche uno spazio per le loro personali acrobazie sonore dal sapore portoghese, diventando il loro fan più sfegatato in mezzo al pubblico o seduto in un angolino del palco. Oye è così, e per questo lo amiamo: sobriamente folle, teneramente scatenato in balletti altrove imbarazzanti, ma che qui sono perfetti. Tutti noi non possiamo fare a meno di imitarli.

Fence me in, Erlend. E lasciaci respirare ancora un po’ La prima estate dell’anno, che si è accesa con i tuoi suoni tenui, e che ci ha trascinato tutti, incantati, sotto il tuo palco con le braccia al cielo, a rubare un pezzetto della tua pura passione.

Giulia Zanichelli