A infoltire le schiere di una delle scene musicali nostrane più interessanti degli ultimi anni ci provano gli Eremo, band hardcore con delle forte influenze math che ha autoprodotto e pubblicato il suo primo EP omonimo a Dicembre. Il progetto Eremo nasce a Milano e unisce esperienze funk-jazz, post-rock e screamo, all’insegna della comune passione per la sperimentazione di ritmiche irregolari proprie del math-rock, che tracciano la struttura del loro primo lavoro pubblicato in 100 copie.
Perché il nome Eremo? “Perché siamo sempre più soli pur stando sempre più in mezzo alla gente. Da sempre le città sono il luogo di aggregazione e allo stesso tempo di isolamento. Pensiamo che ognuno di noi abbia bisogno del proprio eremo per conoscersi e relazionarsi veramente con gli altri, per noi l’Eremo è la musica che suoniamo, è quel luogo che usiamo per allontanarci per poi poterci riavvicinare più serenamente.”
L’EP è un concentrato di 30 minuti nei quali, seppur tra alti e bassi (Deserto di mais e Nel Disegno forse i due pezzi migliori), i ragazzi danno prova della loro capacità, soprattutto tecnica, di creare un lavoro di impatto e complesso musicalmente. Caldamente consigliati per chi ancora si gratta la testa e volesse capire un po’ di più cosa si intenda per math-rock: ritmi e tempi che mandano in frantumi i 4/4 a cui siamo abituati e una voce sofferta tra le grida e un parlato che come in Nel disegno mi ricorda “Il tempo scorre lungo i bordi” di Clementi.
L’opener Aveva Ragione rende giustizia insieme al brano di chiusura (Tale) alla foga più prog degli Eremo, dove compaiono degli intermezzi strumentali che ci fanno lasciare alle spalle la sensazione di claustrofobia e convulsione, che invece è più marcata nel secondo e terzo brano del disco, in cui anche i riff di chitarra rimangono molto più uguali a sé stessi, ripetuti per quasi tutto il brano.
Al loro primo lavoro si intravedono degli sprazzi di colore che sono fedeli alla creazione di una sonorità che riesce, come in pochi altri generi, a poter fare a meno della voce come ad anticiparla, tanto carica del messaggio che porta. Ancora più incredibile come per gridare del rumore che si ha dentro qualcuno non utilizzi il punk, ma un genere spesso indefinibile e incontrollabilmente empatico.
Andrea Frangi

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.