C’è un elemento che accomuna tutti (o quasi) i dischi usciti nel 2021: sono stati concepiti e in buona parte realizzati durante il lockdown. Vista la difficile situazione che siamo stati costretti ad affrontare, sembra un dato scontato. Ma non lo è affatto. Almeno quando si parla di musica e arte in generale. Significa, in sostanza, che tutti gli artisti si sono confrontati con la medesima realtà, puntellata di ostacoli non solo fisici, ma anche psicologici e, perché no, tecnici.
Ci siamo così ritrovati fra le mani decine e decine di lavori di artigianato domestico, frutto di riflessioni forzate, ma necessarie per affrontare il presente. Ognuno, poi, ne è uscito a suo modo. E forse è proprio questa la chiave per analizzare la produzione discografica di quest’anno: quale percorso hanno scelto i singoli artisti per uscire dalla stanza e gettare finalmente uno sguardo all’esterno?
La varietà, certo, non è mancata. Il pop d’autore, gli esperimenti sonori arditi e la black music hanno iniziato a imporsi anche in ambienti solitamente distanti. Una conferma significativa è arrivata come al solito dalla Gran Bretagna con l’affermarsi definitivo del post-punk revival, che ha ormai fatto breccia nei cuori di chi temeva la scomparsa di chitarre e suoni ruvidi. Poche le opere degne di nota prodotte dai mostri sacri venerati da queste parti (Damon Albarn è forse l’unica eccezione), ma francamente non ne sentivamo il bisogno. Serviva aria fresca e l’abbiamo avuta. A uscirne bene sono stati in tanti, tantissimi. Abbiamo ascoltato una grande quantità di dischi eccellenti, senza i quali questo 2021 sarebbe stato un mezzo disastro.
Un unico rammarico, ma forse è solo un sospetto: non c’è un capolavoro assoluto, di quelli che ci ricorderemo a lungo. Giusto trent’anni fa, per dire, uscivano “Nevermind”, “Ten”, “Spiderland”, “Loveless”, “Screamadelica”. Oggi, invece, sembra mancare un disco destinato a trasformarsi in una pietra miliare. Ma lo ripetiamo, è una sensazione. Speriamo di essere smentiti dal tempo.
Ecco dunque la nostra classifica dei migliori dischi internazionali del 2021. Come di consueto, troverete prima la classifica generale realizzata sulla base della media dei nostri voti e poi le classifiche personali di ognuno di noi. Buona lettura e buon ascolto.
Paolo
20. Far Caspian – Ways To Get Out
“Il debutto su lunga durata dell’artista irlandese è un viaggio della maturità solitario e necessario. Tutto ad occhi chiusi” (Paolo)
19. Lana Del Rey – Blue Banisters
“Undici pennellate per dipingere un mondo” (Andrea Manenti)
18. Fortitude Valley – S/T
“I Weezer dei bei tempi, versione brit. Costola dei Martha. Tutto molto bene” (Carlo Pinchetti)
17. Flyte – This Is Really Going To Hurt
“Il secondo disco dei londinesi conferma le ottime impressioni dell’esordio. Forse il lavoro più puro ed emozionante dell’anno” (Paolo)
16. Barbarisms – Another Introduction
“Gol al 90esimo per il trio di Nicholas Faraone. Un disco che valorizza il silenzio tra le parole e concede spazio per respirare come solo la carta bianca riesce a fare nella poesia” (Tum Vecchio)
15. Cheekface – Emphantically No.
“Il torrenziale trio losangelino torna con il suo carico di ironia, ansia e ossessioni assortite. Irride il capitalismo che collassa e i millennials a colpi di fulminanti citazioni pop, post-punk nervoso, riff e ritornelli indimenticabili” (Andrea Bentivoglio)
14. Field Music – Flat White Moon
“Un disco semplicemente perfetto, ingiustamente trascurato dai più” (Paolo)
13. Julien Baker – Little Oblivions
“Gasa sempre, la migliore delle nuove eroine indie” (Carlo Pinchetti)
12. St.Vincent – Daddy’s Home
“Questa volta Annie Erin Clark, per tutti St.Vincent, cogliendo come scusa ispiratrice il rilascio in libertà del padre dopo dieci anni di prigionia, come se volesse fargli rivivere l’ormai persa gioventù, decide di vestire i panni della rockstar anni Settanta, panni che poco ma sicuro le donano” (Andrea Manenti) – Recensione
11. Kiwi Jr. – Cooler Returns
“Amanti delle sonorità vintage più loser, i Kiwi Jr. attraversano in tredici pezzi memorabili la storia della musica rock del secondo Novecento” (Andrea Manenti) – Recensione
10. Dry Cleaning – New Long Leg
“L’ultima declinazione del post-punk revival si incunea tra le pieghe dei Sonic Youth e una piacevole tendenza alla poesia” (Paolo)
9. Tyler, The Creator – Call Me If You Get Lost
8. Amyl And The Sniffers – Comfort To Me
“Tredici brani, tredici bombe ad orologeria, alcuni maggiormente rivolti all’hardcore, altri al punk ‘77, altri ancora al rock’n’roll scandinavo” (Andrea Manenti) – Recensione
7. For Those I Love – S/T
“L’esordio di David Balfe, in arte For Those I Love, è un potente e straziante omaggio all’amico defunto. Senza filtri e con un fortissimo impatto emotivo” (Giulia Zanichelli)
6. black midi – Cavalcade
“Di certo c’è solo che per un album e una band così le parole non sono assolutamente sufficienti. Fatevi un piacere e ascoltatevi “Cavalcade”, sarà sicuramente un’esperienza nuova, diversa e interessante. Mica poco per un gruppo di più o meno ventenni” (Andrea Manenti) – Recensione
5. Floating Points, Pharoah Sanders & The London Symphony Orchestra – Promises
“Elettronica + jazz + classica = sta in piedi e si fa riascoltare più volte” (Andrea Fabbri)
4. Damon Albarn – The Nearer The Fountain, More Pure The Stream Flows
“Questo ‘The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows’, sesto album solista per la stella della musica inglese Damon Albarn, è l’ennesima dimostrazione che anche al di fuori di Blur e Gorillaz, l’ex discolo londinese è comunque un artista di prima grandezza” (Andrea Manenti) – Recensione
3. Little Simz – Sometimes I Might Be Introvert
“Alice nel paese di Steve Wonder. Una meravigliosa e giovane promessa sacrificale sull’altare di Lauren Hill. Adoremus” (Tum Vecchio)
2. Black Country, New Road – Fort The First Time
“I fili conduttori sono la tensione sempre al limite e il senso di abbandono nella terra che dà il nome alla stessa band. Il Black Country, un’area industriale puntellata di miniere di carbone, fonderie per il ferro e l’acciaio, ciminiere fumanti, la fuliggine che si deposita sui tetti delle auto parcheggiate. Un brutto posto da cui stare alla larga. Un bollino nero sulla carta geografica, ma anche un luogo dell’anima che prima o poi ci tocca attraversare” (Paolo) – Recensione
1. Arlo Parks – Collapsed In Sunbeams
“Musica e poesia, impegnata ma disinvolta. Per tutte le occasioni” (Andrea Fabbri).
CLASSIFICHE PERSONALI
PAOLO
1. Field Music – Flat White Moon
Non c’è una nota fuori posto, un coro sbagliato, niente. Il disco perfetto.
2. Black Country, New Road – For The First Time
Il post-tutto nella sua massima espressione. Ragazzini che suonano da maestri.
3. Bull – Discover Effortless Living
Il mix ideale tra Pavement e Belle & Sebastian. Divertentissimi.
4. Amyl and The Sniffers – Comfort To Me
Il punk nel 2021 suona così. Premio alla rabbia.
5. The Natvral – Tethers
L’ex mente dei Pains Of Being Pure At Heart nel suo primo, struggente album solista.
6. Kiwi Jr – Cooler Returns
Melodie killer per giorni di festa. Bere male per stare bene.
7. Hoorsees – S/T
L’indie-rock non è ancora morto. Non in Francia.
8. Django Django – Glowing In The Dark
Toc Toc. Signor deejay? Posso ballare con la chitarra in mano?
9. The Notwist – Vertigo Days
Vent’anni di indie-tronica e non sentirli. Monumentali, come sempre.
10. Mogwai – As The Love Continues
La colonna sonora di ogni sogno che si rispetti. Bello o brutto che sia.
TUM VECCHIO
1. Barbarisms – Another Intruduction
Goal al 90esimo per il trio di Nicholas Faraone. Un disco che valorizza il silenzio tra le parole e concede spazio per respirare come solo la carta bianca riesce a fare nella poesia.
2. The Dodos – Grizzly Peak
La bellezza del piano nella sua semplicità… Come diceva quel tale.
3. Little Simz – Sometimes I Might Be Introvert
Alice nel paese di Steve Wonder. Una meravigliosa e giovane promessa sacrificale sull’altare di Lauren Hill. Adoremus.
4. Booka Shade – Dear Futre Self
Metter su un rave per sussurrare a quel che sarò. Una lettera da aprire nel 2032 che richiudo con le mani tremanti e gli occhi gonfi d’amore.
5. Modest Mouse – The Golden Casket
Quanto ci mancavano le ossessioni tormentose psyco acide dei Modest Mouse. Un disco che non sarà ai livelli del passato, ma ad ognimodo e oltremodo: necessario.
6. Rostam – Changephobia
Torna Rostam Batmangli per sfogare le sua ossessione al cambiamento con 13 mini opere pop che mettono in luce il suo gusto raffinato nella scrittura e il suo talento virtuoso nella produzione. Un piccolo bigino di come iniettare stupore e meraviglia nelle orecchie nel 2021.
7. Jim Lindberg – Songs From Elkhorn Trail
Sincero, onesto e schietto, un eroe del punk che imbraccia un’acusstica e mette sul tavolo una
manciata di canzoni meravigliose. Irresistibile!
8. Black Country, New Road – For The First Time
Un meraviglioso casino in cui nulla è mai lasciato al caso. Sballo cosmico garantito ad ogni ascolto.
9. Holly Humberstone – The Walls are Way too Thin
Una sirena e vi basteranno pochi secondi della sua musica per farvi incatenare… e innamorare
irrimediabilmente di una voce così. Pop con la P maiuscola.
10. Alessio Peck – America Ep
Alessio è un cervellino in fuga. Vive a Parigi ma ha fatto il turnista per il mondo. Ha scelto di tornare a casa e cantare nella sua lingua pur suonando un pop prodotto con i fiocchi che ha tutte le carte in regola per stare sulle classifiche del mondo. Che gli sia di buon auspicio…
ANDREA BENTIVOGLIO
1. Cheekface – Emphatically No.
Il torrenziale trio losangelino torna con il suo carico di ironia, ansia e ossessioni assortite, irride il capitalismo che collassa e i millennials a colpi di fulminanti citazioni pop, post-punk nervoso, riff e ritornelli indimenticabili. Disco del 2021 già a gennaio.
2. Dry Cleaning – New Long Leg
Il carisma ieratico di Florence Shaw si staglia su un art-punk glaciale e straniante. Cut-up nei testi, suoni laceranti, personalità da vendere. Il debutto più clamoroso dell’anno.
3. Kiwi Jr. – Cooler Returns
Tredici gemme che spaziano dal jangle-pop al folk, dal college-rock al country, eredità dei 60s e dei 90s, con canzoni però perfettamente calate nella realtà del 2021. La conferma di una band in stato di grazia.
4. Courtney Barnett – Things Take Time, Take Time
Un ritorno attesissimo per un’artista che ha vissuto cambiamenti importanti; un album introspettivo e riflessivo che mette in scena le incertezze sue e di ognuno di noi e ci consola come l’abbraccio sincero di un’amica. Sempre necessaria.
5. Petite League – Joyrider
Garage-pop DIY, melodie nostalgiche, chitarre essenziali, un album che è un inno alla gioventù, alle notti alcoliche, ai Greyhound che attraversano un’America lacerata da vecchi e nuovi conflitti. Un altro home run per Lorenzo Gillis Cook.
6. Fake Fruit – S/T
Asciutti e taglienti questi californiani dalla sensibilità C86 poggiata su chitarre rumorose. Ecco un altro debutto che lascia il segno con una manciata di canzoni compatte, centrate e feroci a cavallo fra noise-pop e post-punk.
7. Hepburns feat. Estella Rosa – Architecture Of The Ages
Indiepop in purezza: dolci, eleganti, leggeri. C’è talento e mestiere nella musica degli Hepburns e il tocco di classe finale lo aggiunge la presenza fondamentale di Estella Rosa
8. Arab Strap – As Days Get Dark
Fra i grandi ritorni del 2021 il più scuro, il più convincente, forse il più toccante. Nervi scoperti e solite ossessioni, non era scontato ritrovarli così a fuoco. Inossidabili
9. La Luz – S/T
Atmosfere notturne e desertiche descritte da un surf-rock pastorale, da una psichedelia a tratti inquietante, con elementi della natura che sembrano prendere vita dentro un disco caleidoscopico che canta di una nuova pace ritrovata, di armonia e accettazione.
10. Horsees – S/T
Album di debutto per questo ineffabile quartetto parigino che rappresenta un mix perfetto di malinconia, nonchalance, indolenza, depressione; slacker-pop che dosa con cura influenze 80s e 90s, dallo shoegaze al grunge. Perfetto per le domeniche piovose d’autunno.
ANDREA FABBRI
1. Arlo Parks – Collapsed in Sunbeams
Musica e poesia, impegnata ma disinvolta. Per tutte le occasioni.
2. Black Country, New Road – For the First Time
Band improbabile che declina ulteriormente la wave post-punk londinese.
3. Floating Points, Pharoah Sanders, London Symphony Orchestra – Promises
Elettronica + Jazz + Classica=sta in piedi e si fa riascoltare più volte.
4. Squid – Bright Green Field
Perché ci piacciono le chitarre.
5. black midi – Cavalcade
Perché ci piacciono le chitarre vol. 2.
6. St. Vincent – Daddy’s Home
Si balla piangendo e si piange ballando. Alcune tra le canzoni d’amore più belle dell’anno con un sound di livello superiore.
7. The War on Drugs – I Don’t Live Here Anymore
Moriremo tutti Adult-oriented rock.
8. Lucy Dacus – Home Video
Going Going Gone canzone dell’estate. Pensate voi che bell’estate…
9. Low – HEY WHAT
Se riesci a fare pure meglio di Double Negative significa qualcosa. Nuova reference nel mondo del sound desgin per lo meno ruock.
10. Damon Albarn – The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows
Perché tra tanti dischi da lockdown uguali all’altro solo per ricordarsi di esistere, c’è chi trova e dà senso al dolore della solitudine.
LUCREZIA LAUTERI
1. Little Simz – Sometimes I Might Be Introvert
Un’artista incredibile, con bellissime intuizioni nellascrittura oltre che a livello melodico; non ha paura di utilizzare la sua voce per lanciare dei messaggi urgenti e reali.
2. Damon Albarn – The Nearer The Fountain, More Pure The Streams Flows
Disco che mostra anche l’aspetto più intimo di un musicista che tutti conoscono per il suo passato ma che non ha voluto limitarsi a territori già esplorati, canzoni delicate ed intense che colpiscono dal primo ascolto.
3. St. Vincent – Daddy’s Home
Atmosfere retrò in cui immergersi, testi evocativi e sinceri, St.Vincent con i suoi racconti sa sempre rapire chi la ascolta.
4. Idles – Crawler
Paradossalmente più inquadrabili del solito verso un sound preciso, un post-punk dove la loro personalità musicale riesce a trovare una direzione più matura in un risultato complessivo molto interessante.
5. Big Red Machine – How Long Do You Thing Is Gonna Last
L’universo sonoro dei Big Red Machine si riconferma intrigante, le collaborazioni scelte per arricchire i brani sono perfette per il loro progetto.
6. Celeste – Not Your Muse
La voce di Celeste è meravigliosa in tutte le sue sfumature; senza dubbio un album pop, ma così ben costruito e dagli arrangiamenti convincenti che non metterlo nella lista sarebbe stato un tremendo errore.
7. Kings Of Convenience – Peace or Love
Gli anni passano ma il sound dei Kings Of Convenience non cambia, e questa volta è stato come tornare in una casa accogliente; il loro modo di arrangiare i brani sovrapponendo chitarre e voci riesce a catturare ogni volta.
8. Manic Street Preachers – The Ultra Vivid Lament
Non si sa bene per quale motivazione anche dopo tutti questi anni le persone non riescano ad accorgersi della loro bravura, che in questo album si riconferma passando attraverso brani più complessi, intensi, ma anche per delle canzoni che sarebbero state perfette potenziali hit.
9. Joan As A Police Woman, Tony Allen, Dave Okamu – Solution Is Restless
Un lavoro eclettico e profondo, non è immediato ma ad ogni ascolto si riesce a scoprire sempre un aspetto nuovo e interessante di un disco che si distacca anche dalla sua produzione precedente.
10. Duran Duran – Future Past
Un lavoro per celebrare la carriera della stessa band, ricco di riferimenti a tutta la loro produzione e che proprio per questo rientra alla perfezione nelle loro corde, non innovativo ma ben costruito sulla loro immagine e convincente.
ANDREA MANENTI
1. Lana Del Rey – Chemtrails over the Country Club
Undici pennellate per dipingere un mondo.
2. Black Country, New Road – For the First Time
Gioventù che sa il fatto suo.
3. Amyl and The Sniffers – Comfort to Me
Punk Attitude a 1000.
4. Passenger – Songs for the Drunk and Broken Hearted
Dolce, nostalgico, malinconico: bellissimo.
5. Arlo Parks – Collapsed in Sunbeams
Una ventenne di Londra ha fatto il miglior album di black music dell’anno.
6. Viagra Boys – Welfare Jazz
Punk Attitude a 1000 (parte 2).
7. Du Blonde – Homecoming
Saranno le collaborazioni con gente come Ezra Furman e Shirley Manson, sarà non so che… ma questo album è proprio una piccola bombetta!
8. Sufjan Stevens & Angelo De Augustine – A Beginner’s Mind
Suoni acustici che ti cullano e ti fanno stare bene.
9. Alice Cooper – Detroit Stories
Che album ha fatto il buon vecchio Alice a più di settant’anni suonati?!
10. Black Midi – Cavalcade
Gioventù che sa il fatto suo (parte 2).
CARLO PINCHETTI
Fortitude Valley – S/T
I Weezer dei bei tempi, versione brit. Costola dei Martha. Tutto molto bene.
Julien Baker – Little Oblivions
Gasa sempre, la migliore delle nuove eroine indie.
White Lighters – Eroic Dose
La cosa più bella che potreste sentire nel 2021. E 2022.
Last Days Of April – Even the good days are bad
Serve dire altro?
Juliana Hatfield – Blood
Gasa sempre, la migliore delle eroine indie.
Johnny Flynn – Lost In The Cedar Wood
Anche solo per il fatto che è un concept album sull’epopea di Gilgamesh.
Rogér Fakhr – Fine Anyway
Lady rain è la canzone più bella 2021, anche se è degli anni ’70.
Ian Miles – Degradation, Death, Decay
Dietro i travestimenti creepy c’è un piccolo Elliott Smith.
Laura Jane Grace – At War With The Silverfish
Gasa sempre, la migliore eroina folk punk.
The Felice Brothers – From Dreams To Dust
Bang bang bang dalla selva oscura.
GIULIA COLONNELLA
1. Flyte – This Is Really Going To Hurt
2. Far Caspian – Ways To Get Out
3. The Howlers – The Sum Of Our Fears
4. Vraell – Fall
5. Keaton Henson – Fragments
6. Dry Cleaning – New Long Leg
7. Bleib Modern – Afraid To Leave
8. Billie Marten – Acoustic EP
9. Social Contract – Buzzards Wake
10. Clara Mann – Consolations
GIULIA ZANICHELLI
1. Arlo Parks – Collapsed in Sunbeams
2. For Those I Love – For Those I Love
3. Floating Points, Pharoah Sanders, London Symphony Orchestra – Promises
4. Black Country, New Road – For the first time
5. Nick Cave & Warren Ellis – Carnage
6. Girl In Red – if I could make it go quiet
7. Damon Albarn – The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows
8. Django Django – Glowing in the Dark
9. Lucy Dacus – Home Video
10. Weezer – Ok Human
SERGIO DI SALVO
1. Little Simz – Sometimes I Might Be Introvert
2. Rejje Snow – Baw Bae Black Sheep
3. Tayler, The Creator – cCll me if I get lost
4. Arlo Parks – Collapsed in sunbeams
5. Jazmine Sullivan– Heaux Tales
6. Madlib – Sound Ancestors
7. Sault – Nine
8. Mdou Moctar – Afrique Victime
9. Eris Drew – Quivering In Time
10. C. Tangana – El Madrileño
MATTIA SOFO
1. Little Simz – Sometimes I Might Be Introvert
2. Arlo Parks – Collapsed in Sunbeams
3. black midi – Cavalcade
4. For Those I Love – For Those I Love
5. Floating Points, Pharoah Sanders & The London Symphony Orchestra – Promises
6. Tyler, the Creator – CALL ME IF YOU GET LOST
7. Snail Mail – Valentine
8. Julien Baker – Little Oblivions
9. James Blake – Friends That Brake Your Heart
10. Black Country, New Road – For the First Time
ALBERTO SCUDERI
1. Nubya Garcia – Source, We Move
2. Tomaga – Intimate Immensity
3. Emma-Jean Thackray – Yellow
4. Damon Albarn – The Nearer The Mountain, More Pure The Stream Flows
5. Tirzah – Colourgrade
6. Sons of Kemet – Black To The Future
7. Koreless – Agor
8. Space Afrika – Honest Labour
9. Sault – Nine
10. Tyler, the creator – Call Me If You Get Lost
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.