Che Childish Gambino avesse delle cose da dire e che sapesse come comunicarle era già chiaro due anni fa. Non credo infatti di esagerare nel dire che This Is America, nel suo perfetto connubio fra musica e immagini, sia una delle opere artistico-commerciali più riuscite del terzo millennio. Anzi, se proprio bisogna trovare qualche ostacolo nel percorso dell’alter ego di Donald Glover, già attore per il piccolo e il grande schermo, questo è rappresentato dalla difficoltà di mantenere un prodotto, se non dello stesso eccezionale livello, almeno qualitativamente alto. “3.15.20” sembrerebbe riuscirci.
Uscita nel bel mezzo di una pandemia mondiale, la quarta fatica discografica dell’artista californiano ricalca nella sua ora circa di durata il caos del nostro pianeta in questo esatto momento storico, fra sovrautilizzo dei social network, problemi ambientali, malattie psichiche e fisiche dell’essere umano. Se si volesse attaccare Childish Gambino, lo si potrebbe fare insinuando che la sua musica non sia altro che un mix, sì ben fatto, ma pur sempre un mix, di ciò che di meglio in ambito “non-rock” l’industria discografica statunitense abbia realizzato nell’ultimo decennio: un pizzico di hip hop, uno di trap, uno di r’n’b, un altro di synth pop. Ciò non toglie, però, che il collage finale sia godibile, tra l’altro dopo più ascolti, e ciò è un bene. Non si sta infatti parlando di un prodotto usa e getta, bensì di un lavoro artisticamente valido a tutti gli effetti.
QUIZ Trova tutte le star nel video Feels Like Summer di Childish Gambino
Dopo l’introduzione comunitaria, un brano ambient dove più volte viene ripetuto il mantra “we are”, come a dire che ciò che oggi viene vissuto da una persona, lo vivono tutti. Il mondo è ormai completamente collegato, la globalizzazione, piaccia o meno, ha vinto. Affrontiamo quindi l’unica doppietta titolata di pezzi: Algorhythm e Time. Il primo è dance industriale e robotica che si libera in un finale dai tratti gospel, il cervello freddo che diventa cuore pompante; il secondo invece è pop sintetico fra gli Outkast e i Daft Punk, con tanto di comparsata di Ariana Grande.
Da qui in poi i brani perdono identità, l’unico loro riconoscimento è infatti dato dalla scansione del tempo, un tempo mutevole nel quale possiamo godere il rhythm and blues contemporaneo di 12.38, il tributo a Prince di 19.10 e il tribalismo melodico con accenni free jazz di 24.19. 32.22 (che ricorda certo sperimentalismo elettronico di casa Warp).
35.31 è una semplice e ultra ascoltabile canzoncina pop, 39.28 una ballad per voce e pianoforte. Si arriva quindi alla già conosciuta Feels Like Summer, qui degradata a numero, che insieme alla successiva 47.48 vive di felici melodie. Fino a questo punto a farla da padrona è sicuramente l’elettronica. Il finale è proprio per questo più spiazzante di quello che potrebbe essere: 53.49 è interamente suonata e ricorda il miglior Anderson .Paak. Bellissima.
Un album confuso come la Terra, bello come la vita.
Andrea Manenti
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Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman