
La copertina di “Immensità”
L’uscita di un nuovo disco genera sempre un po’ di ansia in chi segue un artista, principalmente per la paura di esserne delusi. Ma se l’artista in questione è Andrea Laszlo De Simone, non c’è pericolo. Sì, perché Laszlo è un artista diverso, capace di rassicurare chiunque a priori. Il cuore infatti non palpita, ma batte forte all’annuncio del suo ritorno con “Immensità”, il secondo disco del cantautore torinese (escludendo l’album autoptrodotto “Ecce Homo” del 2012).
“Immensità” è un disco che non può essere affidato a una semplice recensione, perché sfugge ad ogni regola e sfonda ogni giudizio, mirando dritto alle emozioni più vere e profonde di chi ascolta. Un viaggio ininterrotto di 25 minuti, in cui ci si perde, ci si confonde e ci si ritrova. Un disco che è una carezza, una pacca sulla spalla, una ritrovata riflessione sulla condizione umana che oscilla tra fragilità, misteri e passaggi di tempo.
Non c’è delusione rispetto al precedente “Uomo Donna”, perché il nuovo lavoro di Andrea Laszlo De Simone è semplicemente qualcosa di diverso. Un disco sussurrato, contrario alle frenesie e alle mode quotidiane. Testi efficaci nel loro essere ridotti all’essenzialità. Il suono si fa più intimo e sussurrato, ma non per questo meno corposo grazie alla presenza di archi e fiati che creano uno scudo trasparente alla voce così sottile e ipnotica del cantautore torinese.
Solo quattro date per ascoltarlo dal vivo, in una situazione surreale caratterizzata da teli e luci soffuse. Così, dopo la prima data a Milano, il “mini” tour di Laszlo ha fatto tappa nella sua Torino, nel bentornato Cap10100. C’è chi applaude timidamente, chi si abbraccia e chi semplicemente sorride felice all’idea di essere lì. Ed ecco che in abiti eleganti e un po’ fuori moda, i nove musicisti imbracciano gli strumenti e il viaggio ha inizio.

Andrea Laszlo De Simone live al Cap10100 di Torino.
Una performance impeccabile, in cui l’intero disco prende forma e spinge i presenti in una dimensione onirica e spaziale. Preludio, Immensità, La realtà, La nostra fine, Lo spazio si susseguono delicatamente, mentre la band è un flusso in armonia con i suoni, concedendosi e regalandoci lunghe code musicali che superano la durata del disco lasciando tutti in silenzio.
È il momento di Mistero, in cui la sensazione è quella di ritrovarsi da soli, a tu per tu con Laszlo e la sua voce. E ancora Il tempo e Conchiglie, brano che regala a tutti occhi lucidi e stretta al cuore. Un lungo applauso copre l’indecisione su cosa accadrà, mentre gli sguardi condividono un tacito “se finisse qui, sarei comunque contento”. Ma c’è ancora tempo per i brani di “Uomo Donna” (uno dei dischi italiani più belli degli ultimi anni), suonati con tutta la grinta di chi non si risparmia e si concede totalmente al pubblico – rischiando l’effetto indigestione.
C’è tempo anche per una Perdutamente che chiude un concerto fantastico. C’è chi si volta, chi comincia a indossare sciarpe e cappelli, e invece no… Eccoli di nuovo sul palco con un “Siamo un po’ compromessi, ma ci proviamo lo stesso…”, e tutto si trasforma in una grande festa con brani come Meglio e Fiore mio. Insomma, Andrea Laszlo De Simone si conferma ancora una volta una voce fuori dal coro della musica attuale, in grado di rappresentare qualcosa che parla dritto al cuore.
Renato Murri
La foto di copertina è di Ivana Noto
