Cosa ci sarà mai di selvaggio nei Wild Nothing poi ce lo dovrebbe proprio spiegare Jack Tatum, l’uomo che dietro quella sigla si nasconde: più che dream pop o pop barocco qui infatti siamo dalle parti del neoclassico contaminato col rock. Intendo che l’invitata non mi pare l’Accademia, ma la strada! E di strade di quartieri decorosi si tratta, badate bene, mica di vicoli malfamati. I timbri vellutati, gli arrangiamenti impeccabili, la totale mancanza di carnalità fanno pensare più alla musica colta che al ciarpame rifilato alle masse, o tempora o mores, da 50 anni su per giù. Comunque questi sono pour parler da recensione o da circolo ARCI. La ciccia è sempre quella: chi potrebbe trarre godimento dall’ascolto di questo disco? Direi tutti gli appassionati della melodia, della psichedelia più allegra, i consumatori moderati di assenzio più che i freak da acidi fatti in casa, nonché quelli che hanno la loro madeleine nelle vecchie sigle dei cartoni di Vince Tempera. Wild Nothing usa la sua perizia musicale per finire in un luogo a mille miglia di distanza dalla musica progressiva e dal post rock come lo conoscete, senza arzigogolii freddi e cervellotici si siede sulla sua poltrona d’epoca, apre lo spartito e butta giù l’orchestrazione per raccontare la sua anima poco scossa, una tipina che sa il fatto suo e non sa neanche per sbaglio cosa voglia dire la parola abisso. Si va indietro nel tempo a pescare prodotti d’elite, più che vintage, ma di scavare fino a restare senza unghie, e magari sporcarsi di terra e sangue, non se ne parla proprio. L’iniziale “Reichpop” mi ha ricordato l’unico disco di Steve Reich che ho ascoltato nella mia vita votata all’ignoranza, e se era successo altre volte me lo sono scordate, ma di sicurano erano brutte copie, qui invece si sente il tocco dell’originale! Adesso che ci penso il titolo del brano non dev’essere un caso.
Alessandro Scotti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.