Il buono stato di salute del punk d’oltremanica è evidente. E che la scena dublinese sia particolarmente in fermento, altrettanto palese. Dopo l’ottimo esordio dei Fontaines D.C., adesso è il turno dei Murder Capital, capitanati da James McGovern. Rispetto ai Fontaines D.C., i Murder Capital avevano già mostrato un’attitudine poco predisposta alla melodia e più incline alle trame scure e minacciose, anche se meno pugilistica di quella di un’altra band a cui sono stati paragonati: gli Idles. Di certo non sono epigoni dei sovracitati, bensì il frutto di un ambiente particolarmente propenso a sfornare ottimi prodotti nel settore.
L’uno-due iniziale con For Everything e More is Less mette subito in mostra chitarre nervose e muscolari, prima che i fantasmi di Ian Curtis e Mark E. Smith si ripresentino come preventivabile in Green & Blue, con le sue linee di basso che agganciano e trascinano in profondità. Un McGovern al limite tra la preghiera e il lamento innesca Slowdance I, che prende forma dall’acciaio della chitarra come un solenne quanto desolato sciame di ombre elettrificate. La successiva e strumentale Slowdance II è più cadenzata, dalla turbolenza a tratti inerte e impercettibile.
Le ambientazioni sonore ritrovano gradi di evocativa morbidezza con On Twisted Ground, ottima per mettere in mostra l’umanità, la vulnerabilità e un’eclettica padronanza delle sonorità, per quanto sempre plumbee, a tratti funeree, con un cantato a propria volta intimo ed accorato. Muscoli e rabbia riemergono in Feeling Fades, uno dei pezzi già messi sul piatto tempo addietro, che fa riattivare i nervi e aumentare i battiti cardiaci riportando la debita tensione nell’ascolto. L’incedere spietato di batteria, basso e chitarra prosegue con Don’t Cling to Life, dove il retrogusto dark si sposa convulso con le ritmiche incalzanti. Calano i giri in How The Streets Adore Me Now, in cui è il piano ad accompagnare la poesia esistenzialista e quasi cerimoniale di McGovern, prima che la chiusura, demandata a Love, Love, Love, ci riporti in territori più crudi, tra chitarre graffianti e vibrazioni tetre e desolate.
Dicevamo: lo stato di salute del punk britannico d’oltremanica è agli occhi di tutti. I Murder Capital, con questo “When I Have Fears”, rendono pubblica la propria candidatura a diventarne alfieri a tutti gli effetti.
Anban