Riecco i fratelli Gary, Ryan e Ross Jarman, che nel Libro Mastro del rock, nella sezione anagrafica, troviamo come The Cribs. Tornano tre anni dopo l’ultimo album “24-7 Rock Star Shit” e dopo aver superato alcuni importanti problemi legali riguardanti i diritti con il precedente management.
I fratelli Jarman l’avevano preannunciato: puntare sull’essenza e non sull’apparenza. Quindi puntare sulla qualità delle singole canzoni, a costo di abbassare i volumi e limitare gli orpelli. Ed ecco che all’ascolto passano davvero bei pezzi: da Running Into You – forse il brano migliore del lotto – che col suo ritornello appiccicoso ci riporta mente e cuore ai primi 2000 (dove i The Cribs sembravano realmente poter assurgere al ruolo di alfieri di quella new rock revolution/post-punk revival capeggiata da The Strokes e compagnia bella), alla Screaming in Suburbia tirata fuori dal cassetto dei ricordi, via per la frizzante Never Thought I’d Feel Again.
Non sono mancati importanti interventi esterni a dar manforte ai ragazzi inglesi: dagli amici Foo Fighters, che hanno messo a disposizione il loro fornitissimo studio di registrazione, passando per il leggendario Lee Ranaldo, che fa capolino tra gli effluvi e i feedback di I Don’t Know Who I Am. Energia, gusto e malizia non si disperdono nemmeno dopo il giro di boa, con She’s My Style, il jangle pop (essì) di Under The Bus Station Clock e della carezzevole Earl & Duke, la carambolante In The Neon Night in chiusura.
Sezione ritmica intraprendente, chitarre distorte e rumorose al punto giusto che all’occorrenza sanno anche tintinnare brillanti, melodie furbe e magnetiche: il ricettario è di facile lettura, quanto efficace. E i The Cribs, senza rivoluzionare il proprio mondo, ma con piccoli intelligenti accorgimenti, vanno così a punto. Di nuovo, finalmente.
Anban